Da Aramu a Hefti e Gudmundsson: Genoa, la flessione è generale

Blessin medita al cambiamento: il 4-2-3-1 non ha portato al salto di qualità

Gudmundsson Aramu Genoa
Il gol di Aramu (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Più si avvicina il Mondiale invernale in Qatar e più sovviene la tentazione di domandare a Cassata, se mai fosse commissario tecnico di un’utopistica Nazionale della Serie B, quali calciatori italiani e stranieri convocherebbe per vincere il torneo, e non già per prendervi parte con mero spirito decoubertiano. Fatte salve sporadiche eccezioni, lo zoccolo sarebbe rossoblù in ogni reparto a conferma che il Genoa è la squadra più forte della competizione e qualsiasi forma di risentimento personale spacciata per dubbio tecnico colma la misura dell’ingratitudine. A monte di ciò, difficilmente mister Blessin riproporrà il 4-2-3-1 con le finte ali alle ali perché tale modulo non ha contribuito al salto di qualità del Genoa: invece, è più verosimile il ritorno al triplo due d’inizio stagione, sebbene sia necessario trovare interpreti di gamba nel primo momento di stanca dell’anno, oppure il ricorso alla difesa a tre se «il mostro» Ilsanker darà garanzie di tenuta fisica.

Due settimane di lavoro e di confronto possono rilanciare l’azione del Genoa a patto che ci sia la disponibilità da parte di tutti e, non secondariamente, la credibilità: le crisi calcistiche si affrontano con il dialogo, con l’apertura al cambiamento e non con le partigianerie sulle proprie convinzioni. Pare proprio che gli avversari abbiano evinto il punto debole del Grifo, ossia le palle a superare la prima linea di pressione la quale, se non esercitata in maniera organica e con la giusta intensità, espone il resto della squadra a quelle vampate offensive che nelle ultime quattro partite sono aumentate in proporzione ai gol concessi (ben cinque, prima uno solo nell’arco di 356′). L’impressione è che se mister Blessin allenasse ventisette tedeschi il Grifone avrebbe più punti di quanti ne ha conquistati dopo un terzo di campionato. Questione di caratteristiche attitudinali, oltreché tecniche e linguistiche, che contribuiscono a rendere gruppo un’unione di individualità.

Com’è impossibile che il rendimento di Aramu sia limitato a pochi spunti durante la partita, così è difficile da spiegare esternamente l’involuzione di Hefti che ha perso la brillantezza atletica, la sua qualità migliore, che lo rendeva uno dei terzini più potenti nel calcio italiano: allo stesso modo si può dire per le giocate di Albert Gudmundsson prima della squalifica imprevedibili e ficcanti, ora appiattite. L’impoverimento tattico del Genoa manifestato contro il Como nelle uscite anzitempo di Badelj (un palleggiatore che poteva tornare utile) e di Coda (semplicemente l’uomo in più) spiega la ripresa dei rossoblù, apparsi compassati e capaci di vincere pochi contrasti contro una formazione ben sintonizzata sulla partita sin dal primo minuto. Blessin ha tempo per meditare di procedere al definitivo cambiamento: le opzioni non mancano in un organico costruito per vincere la Serie B e non già per prendervi parte con spirito decoubertiano.

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