Gli inizi coi pantaloni corti a Quilmes, nel Pico Bueno, piccolo club di Buenos Aires. Il trasferimento al Racing Avellaneda all’età di 9 anni, l’esordio da titolare nel 1999 e gli allenamenti presso cui la mamma casalinga e il padre metallurgico lo accompagnavano. Per Diego Milito l’intervista pubblicata stamani dal Corriere dello Sport è un meraviglioso tuffo nel passato, rinverdendo le origini italiane de El Principe (“Da parte di mio padre, mia nonna e mio nonno erano di Terranova di Sibari, in provincia di Cosenza”), la sua somiglianza con Enzo Francescoli e il legame unico con l’Italia. Ancora, il Mondiale 2010 e due Copa America.
“Quando l’ho detto ai miei genitori pensavo di stare tre anni e mezzo a Genova, era quella la scadenza del contratto, per poi tornare a Buenos Aires. Questo pensavo, ma il calcio dopo mi ha dato tanto e mi sono fermato quasi undici anni in Europa, tra Spagna e Italia, e è stato bellissimo”, ha spiegato Milito a proposito del suo trasferimento al Genoa nel gennaio 2004, dedicando poi un pensiero alla tragedia di Ponte Morandi: “Lo attraversavo ogni giorno per andare ad allenarmi, è stata una tragedia. Ero in Argentina e ci sono rimasto di sasso, mi sono tornate in mente tutte le volte volte che da solo o con la squadra l’ho attraversato. Ho cercato subito i miei amici di Genova, è una ferita che ha tagliato in due la città, l’ha spezzata in due, e non solo fisicamente”.