Il 6 giugno 1965, si gioca l’ultima di un campionato che deve decidere sia scudetto che retrocessione, anche se in teoria i giochi sembrano fatti. Sul piano nobile l’Inter ha un vantaggio di due lunghezze sul Milan e visto che la vittoria valeva solo due punti, ai nerazzurri basta un pari. Otterranno divisione della posta (2-2 col Torino) e scudetto. Ma a noi interessa ciò che accade nella nostra città. Stessa situazione fra Sampdoria quartultima a 28 punti, due in più del Genoa. In prospettiva, una trasferta a Bergamo contro la tranquilla Atalanta: le sarebbe bastato un semplice pareggio per salvarsi matematicamente; per condannare gli odiati (in senso sportivo) cugini alla retrocessione. In casa genoana quella domenica spira aria di rassegnazione sul piano razionale, ma di speranza su quello emotivo. Così si esprime l’allora presidente Berrino: battiamo la Fiorentina, poi sarà quel che sarà. Eh sì, una tranquilla “viola” si presenta a Marassi più per onor di firma che con spirito battagliero, ma è pur sempre un avversario da quartieri alti.
Il Genoa ripropone in formazione il terzino di fascia sinistra Carletto Campora, 21enne nato e residente a due passi dal Ferraris. Aveva esordito la domenica precedente annullando il nazionale Bruno Mora (0-0 col Milan); il compito che lo attende oggi si chiama Kurt Hamrin, svedese, un’ala destra di valore mondiale e poco restio a concessioni. Comunque il Genoa inizia di gran lena la partita e dopo appena un quarto d’ora è già in vantaggio. Merito dell’attaccante fantasista Gianfranco Zigoni. Nonostante i continui attacchi genoani alla porta difesa da Albertosi il parziale di tempo registra soltanto quell’unica rete. Nella ripresa, avviene qualcosa fra l’irreale e la logica. In quest’ultimo frangente, visto che il Genoa avrebbe attaccato sotto la Sud, la gradinata Nord si riversa in massa, dirigenza consenziente, nel fortino…del nemico. Circa la prima considerazione occorre una premessa. All’epoca i risultati degli altri incontri nella fase finale del campionato non venivano comunicati. Si sarebbero saputi dopo un abbondante quarto d’ora al termine degli incontri. Ebbene, qualcuno, con tono trionfale comunica che a Bergamo gli orobici godono di un doppio vantaggio sulla Samp. Dal momento che cosa che si vorrebbe facile a credersi, la voce suscita un entusiasmo che coinvolge tutti e che trascina pure gli stessi giocatori rossoblu. 2-0 al 60’ (splendida giravolta di Koelbl), 3-0 all’80’ (azione personale dello scatenato Zigoni) 4-0 cinque minuti dopo grazie a Stefano Dalmonte. Sul finire il gol della bandiera viola da parte di Orlando che non sarà per niente una segnatura banale: la stessa gli garantirà il titolo di cannoniere ex aequo con Sandro Mazzola.
Il 4-1 finale genera una pacifica invasione di campo con i rossoblu portati in trionfo. I fans evidentemente vedevano reale uno spareggio con la Samp, unica “chance” rossoblu per evitare la serie B. La doccia fredda dopo un quarto d’ora di attesa. A Bergamo era finita 0-0; le cronache serali parleranno di una partita “mai giocata”, rivelazioni più recenti confideranno che il pareggio era già stato concordato da almeno una settimana. È il classico gioco delle parti. A ruoli invertiti pure il Genoa si sarebbe comportato alla stessa maniera. I genoani comunque trovano conforto nella sicurezza che “con una squadra così forte” l’immediato torneo cadetto sarebbe stato una passeggiata per il grifone e un divertimento per i tifosi. Nessuno avrebbe potuto immaginare che il Genoa sarebbe ritornato a veder le stelle dopo ben otto campionati, uno dei quali con un umiliante soggiorno in serie C e la stessa serie C evitata due anni prima al termine di sette drammatici spareggi.
Tabellino: Genova, 6 giugno 1965
Genoa – Fiorentina 4-1
Marcatori ; Zigoni al 16’, Koelbl al 62’, Zigoni al 80’, Dalmonte al 87’. Orlando (F) al 89’
Genoa: Grosso, Bruno, Campora, Baveni, Bassi, Rivara, Koelbl, Pantaleoni, Zigoni, Bicicli, Dalmonte
Fiorentina: Albertosi, Robotti, Castelletti, Guarnacci, Gonfiantini, Pirovano, Hamrin, Maschio, Orlando, Bertini, Morrone
Arbitro: Roversi di Bologna.
Marco Colla