Correva l’anno 1958: il Genoa, si fece rimontare dal Torino, mettendo a repentaglio la salvezza

Il Grifone, in vantaggio di due reti, perse 4-2 contro il Torino al “Filadelfia”

La seconda rete del Genoa, mesa a segno da Abbadie (Foto tratta da "Il Calcio e il Ciclismo Illustrato)

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A tre giornate dal temine del Campionato di Serie A 1957/1958, a cui partecipavano diciotto squadre, le ultime due delle quali nella classifica finale erano condannate alla retrocessione, solamente cinque formazioni erano «matematicamente» sicure di non giocare in Serie B in quello successivo, visto che la classifica nelle zone medio-basse recitava: Internazionale e Torino 31 punti, Milan, LaneRossi Vicenza e Bologna 30 punti, Alessandria 29 punti, Udinese, Lazio e S.P.A.L. 27 punti, Sampdoria, Genoa ed Atalanta 26 punti, Verona 24 punti. Alla trentaduesima giornata le due squadre genovesi sfidarono quelle torinesi e, fatto davvero raro, nella ripresa le formazioni ospiti, andate al riposo con due reti di vantaggio, subirono le rimonte avversarie, perdendo i loro incontri: la Juventus, giunta a Genova «matematicamente» sicura di aver vinto per la decima volta nella sua storia il Campionato Italiano, venne sconfitta 2-3 dalla Sampdoria e il Genoa – non è difficile immaginare la costernazione che si impadronì quella sera dei tifosi rossoblù, visto che la loro squadra del cuore occupava da sola la penultima posizione a tre ore dalla conclusione del Campionato! – 2-4 dal Torino. È altrettanto facile immaginare che i genoani abbaino esultato tre giorni dopo per la vittoria per 4-0 del Milan sul Manchester United (che all’andata si era imposto per 2-1) nella Semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni, visto che la Finalissima (poi persa 2-3 dopo i tempi supplementari contro il Real Madrid all’“Heysel” di Bruxelles) era in programma mercoledì 28 maggio 1958 con fischio d’inizio a settantadue ore dal triplice finale dell’ultimo incontro di Campionato a “San Siro” contro il Genoa (i rossoneri in formazione rimaneggiata e con scarsissime motivazioni vennero travolti 1-5 dal Vecchio Grifone, il quale tra le «mura amiche» aveva rifilato sette giorni prima un’altra «cinquina» alla Lazio, che era andata a segno due volte): i quattro punti conquistati nelle ultime due giornate permisero alla compagine rossoblù di ottenere in extremis una delle sue tante salvezze poco consigliabili a tifosi con problemi cardiaci!

Dopo soli due minuti di gioco Leonello Leoni, «aggredendo la profondità» in maniera perfetta, approfittò di un traversone dalla destra del «falso nueve» rossoblù, Luigi Robotti, che era stato servito da una rimessa con le mani di Amleto «Angelo» Frignani, per anticipare da una dozzina di metri con un beffardo pallonetto di destro l’uscita con le braccia protese in avanti del portiere dei padroni di casa Vincenzo Rigamonti, dando così l’immediato vantaggio al Genoa. I maggiori pericoli nel primo tempo per la porta di Renato Gandolfi (miracolato nove anni prima dall’esclusione dalla lista dei convocati per la trasferta a Lisbona del Grande Torino a causa dell’insistenza del terzino destro Aldo Ballarin, il quale aveva voluto che partecipasse come riserva di Valerio «Baciga» Bacigalupo VII il fratello minore Luigi, che era il terzo portiere dello squadrone granata), vennero all’11’ e al 20’ da due punizioni dell’argentino Juán Carlos Tacchi sr. (da un anno padre di Giancarlo e l’anno successivo anche di Oscar Ettore, che sarebbero stati ali sinistre del Genoa rispettivamente nel 1979/1980 e nel 1985/1986 in due campionati di Serie B), la prima delle quali andò vicinissima a un palo e l’altra lo colpì sul secondo tentativo dopo la ribattuta di Maurizio Bruno alla prima conclusione. Nel finale del tempo l’arbitro modenese di nascita e milanese di affiliazione Raoul Righi sorvolò su un evidente atterramento in area di rigore da parte di Enzo Bearzot ai danni dell’uruguayano Júlio César «el Pardo» Abbadie Gismero, il quale si prese la rivincita sull’ingiustizia subìta, segnando, grazie alla libertà inspiegabilmente concessagli dai difensori avversari, al 44’ su un calcio d’angolo in cui il pallone era stato centrato da Frignani e poi deviato da Bruno, con una girata al volo di sinistro da sei metri.

Bastò meno di un quarto d’ora della ripresa ai padroni di casa, favoriti anche dalla distorsione a un ginocchio di Leoni fortuitamente provocata da un contrasto dopo una decina di minuti del difensore Ivo Brancaleoni, per riequilibrare le sorti dell’incontro: Gandolfi, che aveva salvato la sua porta al 3’ su un «bolide» di Romano Fogli sr., dovette capitolare un minuto dopo su un diagonale da ventitré metri circa del paraguayano Dionisio «Guarany» Arce, su un calcio di punizione concesso per un fallo ai suoi danni quasi sicuramente inesistente, che si infilò nell’angolino basso destro, e dopo altri otto minuti sugli sviluppi di un’azione da calcio d’angolo finalizzata da un sinistro al volo da circa nove metri di Sergio Santelli, su servizio di Tacchi sr.. A quel punto, nonostante la squadra fosse di fatto in dieci uomini (prima di abbandonare il terreno di gioco a cinque minuti dal termine, Leoni vagò sulla fascia destra dell’attacco rossoblù, vistosamente claudicante ed impossibilitato a segnare su due respinte di pugno di Rigamonti), fornendo alla sua squadra un apporto praticamente irrilevante, l’allenatore Annibale «il Dottor Sottile» Frossi, che aveva spostato Frignani in posizione di mezzala destra ed Abbadie Gismero di mezzala sinistra, cercò, venendo meno alla sua gestione delle partite tradizionalmente «sparagnina», di riportarsi in vantaggio, non riuscendovi a causa di tre grandi interventi di Rigamonti, che evitò di subire la terza rete con due respinte in tuffo su conclusioni di Benedetto De Angelis al 16’ e di Paolo «Paolone» Barison al 24’ (l’attaccante di Vittorio Veneto, su «torre» di Abbadie Gismero, aveva fatto partire un «bolide» angolatissimo che venne deviato sul fondo) e una parata su tiro di Frignani al 25’, e di un altro calcio di rigore negato da Righi, quando, al 31’, De Angelis, che, come era consentito all’epoca dal regolamento, stava disturbando il rilancio del portiere avversario, era stato spintonato a terra in area di rigore dal capitano del Torino, Lino Grava. Al 35’ un’azione di contropiede dei padroni di casa partita dal francese Antoine Bonifaci e proseguita da Santelli diede modo ad Arce di segnare la rete del vantaggio, dopo uno «stop» al volo, con un tiro dal limite dell’area di rigore di esterno sinistro. Nonostante mancasse poco alla fine, il Genoa non si demoralizzò per la rimonta subìta e sfiorò il pareggio, su punizione dell’uruguayano Roberto Rafael Leopardi, con un colpo di testa di Barison parato da Rigamonti con un plastico volo e si vide finalmente concedere un calcio di rigore quando, su un lancio di Firmani, Abbadie Gismero a un paio di metri dalla porta venne atterrato in mischia da Bearzot. Della trasformazione del calcio di rigore, da cui sarebbe potuta dipendere la salvezza del Genoa, s’incaricò il non ancora ventiduenne Barison: Rigamonti, pensando che il «Bisonte» veneto avrebbe calciato con l’interno sinistro in diagonale per imprimere la maggior potenza possibile al suo tiro, si gettò sulla sua sinistra, che si rivelò la parte errata, in quanto il pallone andò dall’altra, ma, essendo stato troppo angolato s’infranse contro il palo (il giorno seguente il giornale torinese “La Stampa” riportò un’umanissima testimonianza di un giocatore – uno dei più bravi ed anziani – del Torino, molto probabilmente il trentunenne Grava, il quale, essendo concittadino di Barison, aveva chiesto ed ottenuto dal suo allenatore Fioravante Baldi di non essere schierato nella tradizionale posizione di terzino destro, che lo avrebbe costretto a marcarlo «a uomo», ma in quella di difensore centrale: “Lo sport è sport. Occorre lottare con «crudele» lealtà sempre. Così ho fatto, ma confesso che mentre l’attaccante del Genoa tirava [il calcio di rigore], mi ero immedesimato talmente nel suo stato d’animo da augurargli quasi di far centro”). Poco dopo scattò ancora una volta la «legge non scritta» del calcio del «goal fallito, goal subito!», quando Santelli, ricevuto da un rilancio di Rigamonti il pallone lo scaraventò, dopo aver dribblato in velocità Rino Carlini, per la quarta volta alle spalle di Gandolfi.

TABELLINO

Torino, domenica 11 maggio 1958, Stadio “Filadelfia”, ore 16:00

Torino-Genoa 4-2 [XXXII giornata del Campionato di Serie A 1957/1958]

Arbitro: Righi [Milano]

Marcatori: nel 1° tempo Leoni (G) al 2’, Abbadie (G) al 44’; nel 2° tempo Arce (T) al 3’, Santelli (T) al 12’, Arce (T) al 34’, Santelli (T) al 45’

Spettatori: Dodicimila circa

Torino: 1 V. Rigamonti, 2 Brancaleoni, 3 L. Grava, 4 Bearzot, 5 Gerbaudo, 6 Fogli sr., 7 Crippa sr., 8 Santelli, 9 Arce, 10 Bonifaci, 11 Tacchi sr.. Allenatore: F. Baldi.

Genoa: 1 Gandolfi, 2 M. Bruno, 3 Becattini II sr., 4 De Angelis, 5 Carlini, 6 Leopardi, 7 Frignani, 8 Abbadie, 9 L. Robotti, 10 Leoni, 11 Barison. Allenatore: Frossi.

Note: prima dell’incontro, il primo che il Torino disputa in casa dopo il nono anniversario della Tragedia di Superga, il capitano degli ospiti, Abbadie, depone un cuscinetto di fiori con nastri rossoblù sotto la lapide che ne ricorda le trentuno vittime; Arce (T) segna la rete dell’1-2 con una punizione da 23 m. circa; al 10’ del 2° T. Leoni (G) si infortuna e continua a restare ancora mezz’ora in campo, fornendo alla sua squadra un apporto praticamente irrilevante in posizione di ala destra con Frignani spostato a mezzala destra ed Abbadie a mezzala sinistra; Barison (G) tira contro il palo destro un calcio di rigore al 43’ del 2° T., alla cui esecuzione non assiste l’allenatore Frossi, che per la tensione si è infilato nel sottopassaggio degli spogliatoi; alcuni tifosi granata al termine dell’incontro invadono il campo per portare in trionfo Arce e Fogli sr..

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerca e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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