Correva l’anno 1941: il Genoa vinse 2-0 con la Juventus dopo un bombardamento

Il 9 febbraio, in pieno conflitto mondiale, Genova fu devastata da un'incursione navale: e anche in una situazione così drammatica, quel giorno al Grifone non mancò il sostegno dei propri tifosi

Il bombardamento su Genova del 9 febbraio 1941

In occasione della partita con i bianconeri che si giocherà oggi, il ricordo di un incontro tra Genoa e Juventus giocato in un giorno della Seconda Guerra Mondiale, quando la città di Genova subì una serie di bombardamenti.
Si era in prossimità della primavera del 1941, e quasi tutta l’Europa era sotto il giogo nazista. Ma, alla fine di quell’anno, sarebbero entrati in guerra anche gli Stati Uniti. Fattore, quest’ultimo, che sarebbe risultato decisivo nel determinare l’esito del conflitto mondiale.
Il campionato italiano, nonostante il nord del paese fosse stato sottoposto ad attacchi aeronavali nemici, continuava comunque e quello fu l’anno del sesto scudetto dei rossoblù bolognesi.
Il Genoa quell’anno aveva una squadra fatta di buoni elementi. In porta c’era Orlando “Tenaggia” Sain che, tra l’altro, ebbi l’onore di conoscere da ragazzino e che nel suo palmares vantava una Coppa Italia vinta con l’Inter di Giuseppe Meazza.
Una menzione speciale per Federico Allasio, ex granata, padre della celebre attrice, degli anni Cinquanta, Marisa Allasio, per Vittorio “Tojo” Sardelli e per Sergio Bertoni, fortissimo attaccante, Campione del Mondo del 1938. E poi, in quella squadra c’erano ancora un paio di giocatori che, quattro anni prima, avevano vinto, la Coppa Italia col Genoa. Penso a Mario Genta e a Mario Perazzolo. Alla fine, i rossoblù ottennero un dignitoso decimo posto, ma l’anno dopo, per esempio, arrivarono quarti.
Nel corso di quel campionato, come dicevo, la partita di ritorno contro la Juventus ebbe luogo nel giorno in cui la città di Genova fu sottoposta ad un pesante bombardamento aeronavale (la stessa Cattedrale della città fu colpita da una bomba, miracolosamente inesplosa).
E anche in una situazione così drammatica, quel giorno alla squadra del Genoa non mancò il sostegno dei propri tifosi. A questo proposito, voglio proporre la testimonianza di un tifoso allora bambino: Mario Salvarezza. Testimonianza pubblicata su “Sotto il Segno del Grifone”, progetto editoriale della Frilli Editori, nel 2004, al quale anche io ho avuto l’onore di partecipare.
Nella testimonianza in questione ci sono alcune incongruenze rispetto all’anno e al risultato. Ma si tratta di ricordi infantili, più che la precisione storica, di questa testimonianza conta il valore sentimentale:
“Oggi quasi settantenne ricordo, come fosse ieri, quando iniziò la mia passione per il Genoa. La mia passione inizia nel 1942. L’Italia era in guerra e Genova era quasi quotidianamente bombardata. Era una domenica mattina quando l’allarme cominciò a suonare e la mia famiglia, già in preallarme (alcune notti dormivamo vestiti) prese le nostre misere cose e si diresse verso il rifugio di Via Bobbio.
Il rifugio altro non era che una galleria mal illuminata, sporca e umida, piena di persone che piangevano, pregavano o cantavano. Solo i ragazzi, grazie ad una buona dose di incoscienza, riuscivano a giocare in quei momenti e a fare progetti. E quella mattina, sentii un gruppo di ragazzini più grandi di me (dieci, dodici anni) che parlavano del Genoa, di questa squadra leggendaria, gloriosa, storica, vincente (strano, vero?). Rimasi affascinato da tanto entusiasmo e amore. E fu in quel momento che decisi che nel pomeriggio sarei andato allo stadio. Da solo, avevo poco più di sei anni.
Nessuno si deve meravigliare. Allora si cresceva in fretta, si passava gran parte del tempo in strada che era un po’ la nostra casa, e a dodici anni molti ragazzi già lavoravano. Così quella domenica pomeriggio mi avvicinai ad un signore e gli chiesi se mi poteva aiutare ad entrare (si doveva essere accompagnati da un adulto).
Appena entrai nello stadio mi mancò l’aria, vidi quel meraviglioso tappeto verde, le gradinate e la leggendaria Nord, piena all’inverosimie, nonostante il bombardamento della mattinata. All’epoca non c’erano le uscite di sicurezza e non si accedeva facilmente. C’era un’unica entrata dal basso e per arrivare in cima si doveva salire, trascinati da una vera e propria muraglia umana.
Quando i giocatori uscirono dal sottopassaggio che era situato sotto la Gradinata Nord si sentì un boato e io, bambino di sei anni, capii di avere trovato il vero amore. Ricordo che la maglia del Genoa non aveva il colletto ma era aperta con lacci intrecciati. Quel giorno la squadra avversaria era la Juventus e noi vincemmo due a uno. Ricordo ancora che ad ogni gol vacillavo, si sentiva la gradinata tremare e tutti si abbracciavano felici dimenticando le bombe, la fame e la paura.
Solo le forti passioni riescono a fare dimenticare tutto o quasi. E il Genoa, per me, da quella domenica pomeriggio è diventato una passione irrinunciabile che mi spinge ancora adesso allo stadio ogni domenica, con la pioggia, con la neve, con il vento e il freddo.
E ancora adesso, nonostante le guerre che insanguinano il mondo, quando vedo una partita del Genoa riesco a dimenticare tutto per novanta minuti e a ritrovare la spensieratezza di quando ero bambino”.
Questa è la storia del popolo Genoano, la storia di una tifoseria capace di andare a vedere una partita del Grifo in una giornata di guerra segnata dai bombardamenti nella propria città.
Tempo fa, in una settimana precedente ad un derby, mi capitò di leggere un comunicato di ultrà sampdoriani in cui la tifoseria genoana veniva definita “una tifoseria di mediocri”. Io invece penso che la vera mediocrità è quella di non conoscere nemmeno la storia della città in cui si vive.
Nella foto di seguito: un momento di Genoa-Juventus del 9 febbraio del 1941 in cui si vede che anche i distinti sono affollati. La foto della Gradinata Nord si riferisce invece ad un’altra partita, ma più o meno dello stesso periodo (Genoa-Bologna del 1940) e ho scelto di pubblicarla per dare un’idea della “muraglia umana”, di cui parla Mario Salvarezza nel suo resoconto (entrambe le foto sono dell’archivio della Nuova Editrice Genovese). Le altre foto si riferiscono alle conseguenze in città del bombardamento del febbraio 1941.
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