Neppure il più fantasioso tra i registi cinematografici avrebbe immaginato un finale clamoroso come quello andato in scena durante l’ultimo quarto d’ora del campionato di calcio argentino. Il titolo, che si giocava lungo il crinale dei cinque chilometri che separano la Bombonera dal Cilindro, va al Boca Juniors per la trentacinquesima volta, la quinta negli ultimi otto anni: festeggia il popolo Xeneize che stavolta deve ringraziare i rivali del River Plate, con il Muñeco Gallardo ai saluti dopo un ciclo durato otto anni (pronto Micho Demichelis), i cui Millonarios hanno battuto il Racing nella fortezza di Avellaneda palesando assoluta professionalità.
Il Boca Juniors si è presentato all’atto finale con un punto di vantaggio sul Racing che in questi casi è insignificante: così alla Bombonera, gremita in ogni ordine di posto, è l’Independiente dell’ex Falcioni a passare in vantaggio con il rigore trasformato da Leandro Fernandez. Gli uomini del Negro Ibarra, però, reagivano immediatamente trovando il pareggio con Pol Fernandez e completando la rimonta con la punizione di Villa in apertura di ripresa. Il vicepresidente Riquelme, l’idolo Azul y Oro, non esultava ben sapendo che nel calcio tutto può accadere: infatti, nello stesso momento in cui il Rojo faceva 2-2, il River Plate pareggiava lo svantaggio annullando di fatto la fuga de L’Academia verso il titolo.
Ma è nei minuti finali che accadeva l’imponderabile: Franco Armani, eroe della Libertadores vinta nel Superclasico di Madrid, parava un rigore. La Bombonera tornava a respirare dopo tre minuti in apnea e ad urlare di gioia quando il River Plate ribaltava la partita sul 2-1 con tale Miguel Borja (che nel 2013 transitò al Livorno). È festa bostera, Falcioni abbracciava Ibarra prima del triplice fischio e solo in quel momento il tecnico del Boca Juniors abbandonava la maschera di serietà che lo contraddistingue. Piangevano tutti, dagli ex Genoa Esteban Rolon e Facundo Roncaglia ai più esperti Fabra, Rojo e il Pipa Benedetto: Riquelme abbracciava tutti pur restando la solita sfinge, guai a cedere un sentimento al River Plate.
Il 73esimo titolo complessivo della storia del Boca è rappresentto dal simbolo del gruppo rigenerato da Ibarra ma, soprattutto, è la vittoria della società che ancora una volta si è ricompattata dopo l’eliminazione dalla Libertadores affermando un principio inderogabile: il Boca Juniors è nato per vincere, non per partecipare. E allora «Boca campeón» è il coro che sovrasta Buenos Aires: i tifosi gialloblù, per esigenze di ordine pubblico costretti nello stadio per due ore oltre il fischio finale prima di invadere Plaza de la Republica, mandano baci al cielo, ai cari e agli amici che non ci sono più senza trattenere le lacrime. Sono entrati allo stadio alle ore 14 e se ne sono andati all’obelisco, epicentro boquense, non prima delle 21 dopo scene liberatorie di una passione soffocante il cui sentimento verso un’entità che per loro è qualcosa di più di una squadra di calcio può portare alla sofferenza. Boca campeón! Y todo el año es Carnavàl.
“Seremos menos malos que los demás”
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— Boca Juniors (@BocaJrsOficial) October 23, 2022