Attorno al Genoa c’è quel che in lingua genovese, beata per dono della sintesi, si suole definire bolezùmme, il mareggio da irrequietudine. Per i marinai non è certo una novità come può eserlo, invece, per coloro che non conoscono il mare oppure non hanno mai avuto a che fare con il ribollire improvviso dell’acqua. Il nuovo Genoa, quello di proprietà e di conduzione estera, sta imparando a conoscerlo dopo tredici mesi di bonaccia che neppure l’incasso di una retrocessione nella Serie A più permissiva di sempre ha saputo smuovere. Così sopraggiunto il quinto pareggio interno, peraltro in sei gare che rovinano la dote dei punti in trasferta, mister Blessin si scopre in discussione come mai prima: il silenzio della società genoana, che pur si muove carsicamente, è riempito dai fischi del Ferraris, mugugni a voce alta esplicitamente diretti alla squadra che il tecnico ha colto e detto di capire.
Non si capisce, invece, perché priva di razionale ragione giustificativa la conduzione confusa della partita con il Como da parte di Blessin – Coda sic! – che già traeva origine da una prognosi del tutto errata pronunciata nei solchi di una conferenza stampa tra il serio e il faceto e seguita da una diagnosi del tutto vuota di autocritica: i lariani, terzultimi in classifica e con una lotta di potere in seno alla dirigenza, non hanno aspettato il Genoa con reverenza ma, anzi, lo hanno rispettato provando a giocare a calcio. La qualità del loro prodotto è certamente opinabile ma Moreno Longo ha rischiato e riscosso un punto meritato sfruttando la regola più nota del calcio: serve un portiere che pari e un attaccante che segni (e, non di meno, uno stopper moderno che ha rapito gli occhi perché capace di fare tutto, il nipote d’arte Cas Odenthal, suo nonno Joop giocò in Oranje negli Anni ’50).
Spalle al muro per la prima volta da quanto è giunto al Genoa e ottenuta una fiducia con le crepe sebbene i Rangers di Glasgow continuino a seguirlo, Blessin dovrà avere un moto d’orgoglio anche tattico per disancorarsi dalle proprie granitiche convinzioni che a quattro mesi e mezzo dal repulisti retrocessione non hanno colpito. Per Perugia si passa da Monza e da un’amichevole in corso di perfezionamento che, se ufficializzata, darà forti indicazioni sul futuro al pari del test con il Monaco: Ilsanker può essere il totem attorno al quale costruire una difesa a tre ma l’austriaco, che mister Blessin definì «un mostro» una volta folgorato dalle sue prestazioni in ritiro a Bad Häring, dovrà dare garanzie e, soprattutto, continuità perché sinora non si è mai visto in campo. Attrezzarsi per il futuro è buona cosa anche perché il mare inizia ad imbronciare e il bolezùmme va gestito nel migliore dei modi.