Ballardini esonerato: paga l’assenza della società e una cattiva gestione dei giovani

Il tecnico lascia la conferenza stampa di Empoli spazientito sbattendo un pugno sul tavolo

Ballardini Genoa
Mister Davide Ballardini (foto di Genoa CFC Tanopress)

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Quasi un anno di lavoro sulla panchina del Genoa ha suscitato in Ballardini un concentrato di emozioni forti compensato da un breve periodo di pace sociale sorto dopo aver battuto lo Spezia, peraltro ultima vittoria casalinga, e prematuramente deposto a Neustift. Il tecnico genoano lamentava la carenza di uomini già dal ritiro nella lontana val Stubai, i cui echi comunque sono arrivati fino a Genova, e altresì la difficoltà di lavorare in maniera ottimale con un gruppo disomogeneo composto da una base di senatori integrata da una classe di Primavera, tra i quali Besaggio che oggi ne è capitano: come portare dei ragazzini del ginnasio a studiare in università. Il distacco della società, da mesi occupata nella cessione, e il seguente impegno profuso nell’ultima decade di agosto, fervente ma confuso (Destro docet), ha ribaltato lo scenario e consegnato a Ballardini una pletora di trentaquattro calciatori da allenare, taluni fuori forma o da spedire in tribuna, orfana di titolari non rimpiazzati come Strootman, Zappacosta, Zajc, Shomurodov e Scamacca.

Le spine di Ballardini, invece, sono state la lettura delle partite e la gestione dei giovani. Il suo Genoa fragile e reazionario, privato di un equilibrio tattico dai continui cambi di formazione, è persino uscito sconfitto dal duello rusticano con il Norwich a chi sblocca per primo una partita: gli inglesi ce l’hanno fatta all’undecima stoccata, una in meno del Grifone, in trasferta nel quartiere londinese di Brentford. Fin dalla grottesca esternazione su Kallon, al termine della scorsa stagione, Ballardini non ha convinto nemmeno sotto il profilo della valorizzazione dei giovani: shampoo a Ekuban al pari di Eyango, Bianchi sparito a Salerno e poi ricomparso a Empoli, Buksa in Primavera forse per scambio di persona come fu per Romero. Eppure al Castellani Ballardini ha agguantato l’apice di sette calciatori cresciuti nel vivaio impiegati in una singola partita, ossia Criscito, Sturaro, Rovella, Cambiaso (seguito dall’Atalanta, come raccolto in esclusiva da Pianetagenoa1893.net), poi Bianchi, Ghiglione e Kallon: Tarcisio Burgnich fece lo stesso nel giugno ’85 a Pescara quando schierò dal primo minuto Tovani, Sbravati, Chiappino, Simonetta e Picasso, fece subentrare Dell’Orso e Ferraris e tenne in panchina Minetto ed Elio Signorelli.

Stavolta Ballardini il pugno l’ha sbattuto sul tavolo, profondamente spazientito, lasciando anzitempo la sala conferenze del Castellani. L’emittente Sky ha riferito dell’esonero e rivelato il nome di Shevchenko prima ancora che lo stesso allenatore ne venisse a conoscenza: un’evitabile caduta di stile a danno di un serio professionista. Se il Genoa non è colato a picco, contando i (nove) punti che si merita come ha opportunamente rimarcato capitan Criscito, è per merito di Ballardini che tra mille problemi quotidiani ha avuto il merito di addolcire la manovra di ammaraggio in classifica: il Genoa, da domani ufficialmente di Shevchenko, deve riuscire a non perdere di vista la linea di galleggiamento ora che il calendario infila un tratto impervio con cinque delle prime otto in classifica nelle sette giornate prima di Natale, con tanto di trasferta a Udine e derby.

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