Il professore entrò in classe con un’ora di ritardo. Aggiornò il registro, fece l’appello scorrendo i nomi in ordine alfabetico. «…Mandzukic, presente… Perin, piacere di rivederla… Pjanic, presente… Rugani, presente…» disse prima di fermarsi in una strana pausa scenica che rivelò la sua intenzione. «Rugani, proprio lei, esca: la interrogo» affermò in modo stentoreo il professore consapevole di averlo stanato impreparato. Non sbagliò. L’alunno fece scena muta e una brutta figura di fronte a trentamila persone. E’ andata così, al di fuori della metafora, la giornata di Pandev: un’autorità inserita a mezz’ora dalla fine da Cesare Prandelli.
Il macedone ha interpretato trenta minuti d’alta scuola calcio smascherando la fragilità della difesa juventina senza Chiellini. Bonucci è un libero, Rugani gioca di posizione: c’è un grosso difetto di marcatura a uomo, quella d’altri tempi che impediva ai numeri nove di fare gol. Pandev ne ha approfittato conferendo calcio al Genoa nel miglior momento della Juventus, ossia poco dopo il gol annullato a Dybala. I bianconeri stavano crescendo e il Grifone arretrando irreversibilmente il proprio baricentro: l’acume tattico di Prandelli ha fatto la differenza ribaltando l’inerzia, con Pandev. Dentro il professore che, tra le linee e dietro Kouamé, ha scartavetrato la difesa di Allegri.
Tecnica pura al servizio del Genoa. Pandev ha raccolto punizioni, fraseggiato nel breve, regalato un assist a Sturaro, incitato Kouamé dopo qualche errore da ansia da prestazione. Ha dato tanto, il professore, ma all’81’ ha ricevuto un cadeau dall’ivoriano: filtrante, gol. Il movimento del macedone è sublime perché taglia lo spazio tra Bonucci e Rugani con una diagonale prima di calciare a rete. Sincronia, tempismo, precisione. In una parola: perfezione. Quella cui bisogna tendere per battere la Juventus, seppur non in giornata. Così, dopo mezz’ora di una memorabile lectio magistralis, il macedone salutò col solito garbo la sua classe preferita. In visibilio per il suo professore.