À bout de souffle rouge et bleu: salvezze e retrocessioni del Genoa all’ultima giornata

“Fino all’ultimo respiro” rossoblù: come nel film del regista francese Jean-Luc Godard le 21 volte, tra serie A e serie B, in cui il Grifone è stato in bilico per la salvezza


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À bout de souffle è il titolo del lungometraggio d’esordio, nonché film-manifesto della «Nouvelle Vague», del regista francese Jean-Luc Godard. L’espressione idiomatica francese può essere tradotta in italiano con “senza respiro”; la distribuzione italiana, quando il film venne immesso nel nostro circuito cinematografico, tradusse il titolo con Fino all’ultimo respiro, che, in attesa dell’odierno incontro sportivamente drammatico tra Fiorentina e Genoa, ben «fotografa» la situazione attuale, tutt’altro che sconosciuta ai tifosi rossoblù, se è vero come è vero che già 21 volte (15 nella massima serie e 6 in quella cadetta), il verdetto finale (salvezza o retrocessione?) è stato in bilico fino all’ultima giornata. In questa rubrica verranno ripercorse le tappe di tutti quei momenti che hanno fatto trepidare coloro che hanno il Grifone nel cuore.

Serie A 1940/1941: la retrocessione impensabile, che non sarebbe potuta arrivare e che non arrivò. Dal Campionato 1938/1939 fino a quello 1941/1942 le situazioni di parità venivano risolte dal quoziente reti, che si ottiene eseguendo la divisione tra le reti segnate (messe a nominatore) e le reti subite (messe a denominatore). Alla fine della penultima giornata del massimo campionato, che prevedeva due retrocessioni, il Bari era spacciato (17 punti) e in ballo per evitare la quindicesima posizione che condannava alla serie cadetta c’erano ancora ben nove squadre: la Triestina, il Genova 1893 (nome in omaggio all’autarchia linguistica del Fascismo, assunto dal sodalizio rossoblù domenica 28 ottobre 1928, in occasione del sesto anniversario della Marcia su Roma), la Roma, il Torino, il Livorno e il Napoli, che avevano 28 punti e rispettivamente 1,102, 1,046, 1,043, 1,020, 0,826, 0,770 di quoziente reti; il Novara e il Venezia, che si sarebbero dovuti affrontare nello «scontro diretto» in casa dei lagunari nel trentesimo ed ultimo turno di Campionato, che erano attestati a quota 27 punti con 0,885 i piemontesi e 0,818 i veneti di quoziente reti; la Lazio con 26 punti e 0,9 di quoziente reti. Per retrocedere il Genova 1893, che giocava all’ultima giornata a “San Siro” contro un Milano (nome in omaggio all’autarchia linguistica del Fascismo, assunto dal sodalizio rossonero mercoledì 15 febbraio 1939) impegnato a difendere la «piazza d’onore» alle spalle degli ormai «matematici» campioni d’Italia del Bologna dall’attacco dei «cugini» dell’Ambrosiana-«Inter» (che con la vittoria per 3-1 a Bergamo gliel’avrebbero soffiata in extremis), appaiati in classifica, ma nettamente distanziati per il quoziente reti, sarebbe dovuto essere sconfitto almeno 0-10 (finì, invece, 1-1) e contemporaneamente la Lazio avrebbe dovuto vincere «all’ombra delle due Torri» (i biancocelesti sfiorarono la clamorosa impresa, pareggiando 2-2 dopo essere stati in vantaggio per 2-0), il Venezia e il Novara pareggiare, andando a segno (in realtà, i piemontesi, sconfitti 0-3, retrocedettero), il Livorno e il Napoli non perdere rispettivamente in casa del Torino e del Bari (i toscani furono sconfitti per 2-5 e i campani si imposero per 4-0).

Serie A 1950/1951: nello stesso stadio di dieci anni prima, ma contro l’Internazionale niente… Miracolo a Milano! A partire da giovedì 8 febbraio 1951 nelle sale cinematografiche italiane venne proiettato un capolavoro neorealistico-fantastico di Vittorio De Sica sr., Miracolo a Milano, basato su un geniale soggetto di Cesare Zavattini. Non riuscendo ad andare oltre il pareggio «a reti bianche» nello «scontro diretto» sul campo dei rossoalabardati di sette giorni prima, il Genoa si trovò domenica 17 giugno 1951 a dover cercare un’impresa quasi disperata per evitare di precipitare per la seconda volta nella sua storia nella cadetteria, a distanza di diciassette anni dalla prima retrocessione: fare «risultato pieno» sul campo della fortissima Internazionale (all’epoca, con i calendari fatti a mano, non era infrequente concludere i campionati con due partite consecutive in casa oppure in trasferta), seconda in classifica, più con la speranza di andare allo spareggio che di salvarsi. Al termine della penultima giornata la Roma, che doveva affrontare in casa il Milan, dalla domenica precedente tornato ad essere campione d’Italia dopo quarantaquattro anni, era ultima con 26 punti, preceduta di una lunghezza dal Padova e dal Genoa, a loro volta distanziati di una da Lucchese Libertas e Triestina. Il Genoa era l’unica delle cinque a giocare in trasferta e fu l’unica non solamente a perdere (fu travolto per 2-5 e l’immagine del tifoso rossoblù che si può vedere su internet nel filmato della Settimana INCOM che sull’1-4 invade per la disperazione dalla Curva Nord il campo e lo lascia in lacrime, sotto la sorveglianza delle forze dell’ordine, stringendo nella mano destra la bandiera della sua squadra del cuore è una delle più dolorose e commoventi della storia del Genoa), ma a non vincere: i giallorossi conobbero l’unica retrocessione della loro storia, al termine della partita vinta 2-1, mentre veneti, giuliani e toscani festeggiavano la salvezza in virtù di facili successi per 2-0 sul Napoli, per 3-0 sul Novara e per 5-0 sul Como.

Serie A 1956/1957: il Genoa restò in Serie A, sorpassando «all’ultima curva» la Triestina. Domenica 16 giugno 1957 il Genoa entrò in campo contro il Napoli con le certezze di retrocedere in caso di sconfitta ed almeno spareggiare in caso di vittoria: infatti, Triestina ed Atalanta, che lo precedevano di un punto, si affrontavano nello «scontro diretto» nel capoluogo del Friuli-Veneza Giulia. Antonio Corso segnò per i rossoblù dopo soli diciannove minuti di gioco l’unica rete nella partita del “Luigi Ferraris”, che garantiva gli spareggi con rossoalabardati e neroazzurri e che diede la salvezza al Genoa, da quando all’8’ della ripresa il centravanti orobico Alfonso Mion «gelò» i tifosi della Triestina, a cui fu tolta la partecipazione alla massima serie dopo ventisette consecutive.

Serie A 1957/1958: il Genoa si salvò ancora in extremis, surclassando un Milan distratto e rimaneggiato in vista della Finalissima di Coppa dei Campioni a Bruxelles contro il Real Madrid. La penultima giornata del Campionato era stata favorevolissima al Genoa, che, sconfiggendo 5-2 in casa la Lazio, l’aveva raggiunta a 28 punti, «agganciando» anche la Sampdoria, travolta in trasferta 1-5 dalla Roma, la S.P.A.L., sconfitta 2-4 a Milano dai rossoneri, e l’Atalanta, che aveva concluso con un pareggio «a reti bianche» l’incontro casalingo con la Fiorentina. Distanziato di due punti, in ultima posizione c’era il Verona. Il regolamento dell’epoca prevedeva un doppio spareggio in campo neutro tra la seconda della Serie B e la penultima della Serie A. In condizioni normali, la partita dell’ultima giornata per il Genoa, che doveva affrontare il Milan a “San Siro” sarebbe stata quasi proibitiva, ma, essendoci tra le fila rossonere chi in vista della Finalissima di Coppa dei Campioni di tre giorni dopo all’“Heysel” di Bruxelles contro il Real Madrid (gli spagnoli si sarebbero imposti per 3-2 dopo i tempi supplementari) venne preservato e chi mandato in campo senza particolari stimoli dall’allenatore Giuseppe «Gipo» Viani, la formazione rossoblù ne approfittò per ottenere il più largo successo della sua storia (5-1) contro il Milan grazie a una doppietta dell’uruguayano Julio Cesar «el Pardo» Abbadie Gismero e di una tripletta di Paolo «Paolone» Barison, potendo assistere in maniera spettatoriale alla «telenovela» estiva del processo all’Atalanta per la corruzione dello stopper Giovanni Azzini del Padova, quell’anno fortissimo (finì il Campionato al terzo posto), complice dell’inopinato 3-0 esterno degli orobici domenica 30 marzo, che si concluse con la condanna all’ultimo posto dei bergamaschi, sostituiti dal Verona negli spareggi (entrambi persi – 0-1 a Bologna domenica 20 luglio e 0-2 a Roma quattro giorni dopo – contro il Bari).

Serie B 1960/1961: per la prima volta, anche se di sfuggita, i tifosi del Genoa si preoccuparono di retrocedere in Serie C. Dopo essere retrocesso da ultimo sul campo al termine del precedente Campionato con in più il «fardello» di una penalizzazione di dieci (poi ridotti a sette) punti di penalizzazione da scontare in quello cadetto per il tentativo di illecito sportivo nella partita comunque perduta 1-2 in casa dell’Atalanta domenica 17 aprile 1960, il Genoa finì per essere coinvolto nelle posizioni di bassa classifica e all’ultima giornata si trovò a dover ospitare domenica 4 giugno 1961 la Triestina con la prospettiva, in caso di sconfitta, se tutto fosse andato male – almeno pareggi di Brescia e Parma (il primo avrebbe pareggiato «a reti bianche» nel derby regionale a Monza, il secondo vinto 3-0 in casa contro l’Alessandria) e vittorie interna dell’Hellas Verona contro il Catanzaro (gli scaligeri si sarebbero imposti per 1-0) e del Novara a Messina (l’incontro sarebbe terminato 1-1) – di essere coinvolto in una «bolgia dantesca» di spareggi per evitare la terzultima posizione. Un’autorete dopo ventisette minuti di gioco di Umberto Bizai e il raddoppio di Gastone «Nordahlino» Bean al quarto d’ora della ripresa indirizzarono la partita sui «binari» desiderati dai padroni di casa, che si fecero rimontare dalle reti di Giovanni Secchi al 18’ ed Adelchi Brach al 42’, che «regalarono» ai giuliani lo spareggio perso la domenica successiva 1-2 dopo i tempi supplementari a Ferrara contro il Novara.

Serie A 1962/1963: il Genoa sorpassò all’ultima giornata il Napoli, sconfitto a Bergamo, salvandosi in maniera rocambolesca. Tornato in Serie A, il Genoa rischiò di perdere subito quanto riconquistato e si salvò ancora una volta grazie all’Atalanta, la quale, in quell’occasione, non aveva, differentemente da sei anni prima, esigenze di classifica. Travolto sette giorni prima (0-4 esterno in trasferta dalla S.P.A.L., dopo essere andato in parità al riposo) il Genoa seppe ricompattarsi in vista dell’«ultima spiaggia» in programma domenica 26 maggio 1963 contro il forte Bologna (i petroniani avrebbero conquistato lo Scudetto nel successivo Campionato), pur sapendo che le partite del Napoli (avvantaggiato di un punto), che occupava la quartultima «poltrona» (la «meno comoda», ma bastevole per restare nel massimo campionato), a Bergamo e del Mantova, in casa contro la Sampdoria, erano contro squadre già salve. Se i virgiliani non ebbero problemi ad imporsi per 3-1 sui blucerchiati, ben più dura fu la vita a Bergamo dei partenopei, che iniziarono sullo 0-0 la ripresa a pari punti con il Genoa, che era passato in vantaggio al 19’ con una rete di Gian Carlo Galli, che aveva onorato il suo soprannome di «Testina d’oro»: due reti del brasiliano naturalizzato italiano Dino «Spaccareti» Da Costa in apertura e del danese Flemming Gert Nielsen ad otto minuti dalla fine resero inutile quella del Napoli al 40’ di Gianni Corelli. La vittoria del Genoa sul Bologna ebbe degli strascichi dopo la fine del Campionato, perché Maurizio Bruno, Rino Carlini ed Antonio Colombo furono trovati positivi a quel controllo antidoping a cui si erano sottratti Massimo Giacomini e Luigi «Gigi» Meroni II (tutti e cinque i calciatori vennero condannati a cinque giornate di squalifica e il capitano Vincenzo «Enzo» Occhetta, per una sorta di responsabilità morale, a due).

Serie A 1964/1965: il Genoa “vinse le battaglie, ma perse la guerra” contro la Sampdoria. Non sempre i proverbi dicono la verità. Chi tra i tifosi del Genoa pensava con riferimento all’Atalanta che valesse quello del “non c’è il due senza il tre!” e sognava un aggancio in extremis con la Sampdoria (i blucerchiati, che dopo sei giornate erano in testa – in coabitazione con il Milan – alla classifica con 10 punti, avevano progressivamente eroso buona parte del loro «tesoretto»), per poi, alla luce dei due successi ottenuti nei due derbies di Campionato (2-1 all’andata ed 1-0 al ritorno), «testarlo» ulteriormente nello spareggio al “Luigi Ferraris”, dovette ricredersi, perché gli orobici non andarono oltre lo 0-0 casalingo con i blucerchiati, mentre i rossoblù, disputando di fronte al loro pubblico un’ottima partita, batterono nettamente per 4-1 la Fiorentina, che sarebbe stata la prima squadra a ripresentarsi nel capoluogo della Liguria otto anni, quattro mesi ed otto giorni dopo per sfidare il Genoa in una partita della massima serie (domenica 14 ottobre 1973 di registrò il successo dei viola per 1-0).

Serie B 1967/1968: il Genoa si salvò il 21 luglio, dopo aver fallito due match-balls ed aver rischiato il tracollo. Dopo un fallito ritorno immediato nella massima serie e nel campionato successivo un cammino deludente con salvezza acquisita solamente al termine della penultima giornata, il Genoa visse una stagione da incubo in quello che è stato prima di quello attuale – che è a diciannove squadre – l’ultimo campionato cadetto con un numero dispari – all’epoca erano ventuno – di partecipanti. Domenica 23 giugno 1968, pur avendo attaccato tutta la partita, i rossoblù non riuscirono ad avere la meglio sulla strenua difesa del Messina, che impedì loro di segnare quella rete che avrebbe condannato i siculi alla retrocessione e lasciato a Lecco, Perugia e Venezia l’onere di decidere in tre spareggi quale delle tre squadre non fosse degna di giocare da settembre in Serie B. Con cinque squadre spareggianti per evitare le posizioni terzultima e quartultima della classifica iniziò dalla domenica successiva nella torrida estate un incredibile «Giro calcistico d’Italia», che fece tappa a Torino, Bergamo, Brescia, Bologna, Firenze, Roma e Caserta e che domenica 14 luglio, complice la sconfitta contro il Lecco del Genoa per 0-1 al “Comunale” di Torino, aveva espresso il solo verdetto della retrocessione del sempre sconfitto Messina, perché ciascuna delle sue quattro rivali aveva sommato 5 punti. Dopo i primi dieci incontri se ne dovettero giocare altri sei in soli quattro giorni, che permisero a Verona di iscrivere, ospitando Lecco-Venezia 3-0 alla prima giornata, il suo nome come città ospitante almeno un incontro dello sportivamente drammatico torneo canicolare: per il Genoa le cose iniziarono malissimo con lo 0-2 subito dal Perugia al “Comunale” di Bologna mercoledì 17 luglio e sembrarono proseguire peggio, quando due giorni dopo andò in svantaggio contro i lagunari al “Comunale” di Bergamo, dove con uno scatto d’orgoglio per la gioia dei suoi tifosi presenti sugli spalti e di quelli che a Genova ascoltavano ruspanti radiocronache dalla sede di “Il Secolo XIX” in piazza Raffaele de Ferrari riuscì a ribaltare il risultato, vincendo 2-1; scontato a quel punto, domenica 21 luglio, fu lo 0-0 con i già salvi blucelesti del Lecco, che «fotocopiarono» il risultato ottenuto due giorni prima a Bologna contro il Perugia, che, invece, ottenne nella Dotta una vittoria per 2-1 sul Venezia nel suo quarantasettesimo ed ultimo incontro di Campionato. L’allucinante esperienza di quell’estate del 1968 convinse gli organi calcistici federali a varare immediatamente un regolamento che dirimesse le situazioni di parità in classifica nella lotta per la retrocessione e venne inizialmente scelto quello della differenza reti.

Serie A 1977/1978: il Genoa retrocesse, pareggiando all’ultima giornata lo «scontro diretto» in casa della Fiorentina, a parità di punti per una segnatura in differenza reti. È l’incontro più citato in questi giorni per le analogie che presenta con quello che oggi di nuovo opporrà viola e rossoblù con in palio la salvezza dalla Serie B. A un quarto d’ora dalla fine della penultima giornata il Genoa, che stava conducendo in casa per 1-0 sull’Internazionale aveva due punti ed una rete di vantaggio sulla Fiorentina, che era bloccata sull’1-1 a Pescara dai già retrocessi biancoazzurri locali (Giancarlo «il Bell’Antogno» Antognoni aveva appena tirato fuori un calcio di rigore concesso ai viola); poi al “Luigi Ferraris” al 32’ Pietro «Pietruzzo» Anastasi diede il pareggio ai neroazzurri, che il portiere Ivano «l’angelo di Berlino» Bordon mantenne, parando una decina di minuti dopo un fiacco calcio di rigore tirato da Roberto «o’Rey di Crocefieschi», mentre all’“Adriatico” una fortunosa deviazione di Ezio «Ezio-goal» Sella su punizione dal limite dell’area di rigore di Gianfranco «Pappa» Galdiolo dava il successo alla Fiorentina. All’ultima domenica la Lazio si fece battere in casa dal Bologna, che aveva una differenza reti peggiore rispetto al Genoa (rete dell’ex mediano dello Scudetto dei biancocelesti di quattro anni prima, Franco Nanni, al 13’ della ripresa), e l’Internazionale sconfisse 2-1 il Foggia con rete decisiva di Alessandro «Sandro» Scanziani a un quarto d’ora dalla fine, che salvò dalla retrocessione la Fiorentina, ma non il Genoa, che giocò in maniera attendista tutta la partita, anziché cercare la vittoria, avendo solamente una mezza occasione da rete a sedici minuti dalla fine con Pruzzo, che calciò alto sulla traversa un servizio di Franco Ogliari.

Serie B 1978/1979: quando il Genoa rischiò il «doppio salto all’indietro» in due stagioni. Partito con l’obbiettivo di tornare immediatamente in Serie A tanto da mantenere in organico uno dei più forti attaccanti italiani, Giuseppe «Oscar» Damiani sr., il Genoa disputò un campionato allucinante, con due «cambi in corsa» di allenatori (si partì con Pietro «Peo» Maroso II e si finì con il suo vice, Piergiovanni Alessio «Gianni» Bui, inframmezzati dall’uruguayano naturalizzato italiano Héctor Puricelli Seña) e alla fine della penultima giornata, dopo aver battuto in casa grazie a una rete di Damiani sr. il Rimini (il successo sui già retrocessi romagnoli permise ai rossoblù di agganciare il Foggia e di lasciarlo alle spalle, virtualmente retrocesso, perché con una peggiore differenza reti). Visto che per le intemperanze del suo pubblico nella partita persa al “Pino Zaccheria” 0-2 contro il Cagliari sabato 9 giugno 1979, il Foggia per l’ultima giornata, in programma quindici giorni dopo, doveva affrontare sul campo neutro del “San Paolo” di Napoli il Pescara lanciato verso quella promozione che avrebbe conquistato la domenica successiva, battendo 2-0 il Monza nello spareggio di Bologna, e il Genoa giocare a Ferrara contro una S.P.A.L. già salva, i pronostici erano favorevoli ai liguri e vennero confermati dalla loro vittoria con la diciassettesima rete del capocannoniere del Campionato, Damiani sr., e dalla sconfitta per 1-2 dei Satanelli.

Serie A 1981/1982: la rete di Mario Faccenda a Napoli interrompe i festeggiamenti della salvezza dei milanisti a Cesena e scatena quelli rossoblù a Genova. Di tutte le salvezze in extremis del Genoa probabilmente la più famosa è quella di domenica 16 maggio 1982 al “San Paolo” di Napoli. Come diciannove anni prima il Genoa rischiava di tornare immediatamente in Serie B, ma aveva più chances, perché con un pareggio si sarebbe salvato. Il regolamento per dirimere le situazioni di parità era cambiato, perché valeva la «classifica avulsa degli scontri diretti» e il Genoa era in svantaggio con il Cagliari e il Milan e in vantaggio con il Bologna. In un alternarsi di emozioni il Genoa (che si trovava all’inizio a 24 punti) si trovò prima in vantaggio 1-0 e poi in svantaggio 1-2, il Bologna (che partiva da 23 punti) altrettanto ad Ascoli (fu virtualmente salvo solo per un minuto e perse allo scadere, retrocedendo per la prima volta nella sua storia dopo sessantadue campionati disputati consecutivamente nella massima serie), il Cagliari (appaiato in partenza al Genoa e svantaggiato nella «classifica avulsa degli scontri diretti» nei confronti del Milan) resistette al “Sant’Elia” sullo 0-0 con la Fiorentina che cercava di vincere per andare allo spareggio per lo Scudetto contro la Juventus, il Milan («signore» della «classifica avulsa degli scontri diretti», avendo ottenuto con ciascuna delle rivali una vittoria e un pareggio, ma partito da 22 punti) passò a Cesena in meno di un quarto d’ora nella seconda metà della ripresa dallo 0-2 al 3-2, facendo indignare i tifosi partenopei, che incitarono il Genoa a pareggiare (nacque in quell’occasione un gemellaggio con i sostenitori rossoblù che si è interrotto solamente un mese e mezzo fa), venendo «accontentati» dalla rete di Mario «Marietto» Faccenda a quattro minuti dalla fine, quando, essendo iniziato in ritardo il secondo tempo a Napoli, a Cesena moltissimi dei tifosi rossoneri al seguito si erano portati ai bordi del campo per effettuare quei festeggiamenti che… «traslocarono» all’Aeroporto”Cristoforo Colombo” di Genova Sestri-Ponente, dove la compagine rossoblù trovò diecimila tifosi ad aspettarla.

Serie A 1983/1984: non servì al Genoa tenere negli ultimi due mesi la «media inglese» e sconfiggere in extremis i neo-campioni d’Italia della Juventus per salvarsi a spese di una Lazio troppo «protetta». Dopo ventidue partite di Campionato il Genoa aveva 13 punti, mentre, quando, domenica 13 maggio 1984, allo scadere della trentesima ed ultima Stefano Bosetti gli diede la vittoria in rimonta per 2-1 sulla Juventus, da una settimana campione d’Italia, 25, quanti la Lazio, raggiunta sul 2-2 in contemporanea sul campo del Pisa retrocesso sette giorni prima, la quale, però, si trovava in vantaggio nella «classifica avulsa degli scontri diretti» sui rossoblù grazie a un rigore inventato domenica 29 gennaio 1984 ai loro danni dal signor Pietro D’Elia all’“Olimpico”, che «pesò», di fatto, tre punti, con replica, sempre per presunto fallo su Lionello Manfredonia, concessa dall’arbitro salernitano «all’ombra della Torre pendente».

Serie B 1987/1988: Serie C evitata con due vittorie finali, la seconda delle quali nello «scontro diretto» a Modena. Una situazione molto simile a quella di nove anni prima si determinò nella tarda primavera del 1988. Dopo aver fallito la promozione in Serie A per un punto l’anno precedente sotto la guida di Attilio Perotti sr., il presidente Aldo Spinelli sr. gli aveva affidato nuovamente la Primavera, chiamando a dirigere la prima squadra Luigi «Gigi» Simoni, che aveva conquistato il «pass» per la massima serie con il Genoa nel 1975/1976 e nel 1980/1981, con il Brescia nel 1979/1980 e con il Pisa nel 1984/1985 e nel 1986/1987, Il tecnico di Crevalcore in quella sciagurata stagione effettivamente «fece la differenza», ma in negativo, tanto da essere esonerato alla fine del girone d’andata e sostituito dal suo ex compagno di squadra Perotti sr., che iniziò in maniera incoraggiante il girone di ritorno con due vittorie e un pareggio, ma poi finì per smarrire anche lui la «strada maestra» tanto da fare come il suo predecessore 16 dei 38 punti disponibili in un girone, conquistandone 4 nelle ultime due partite (la rocambolesca vittoria interna per 2-1 sul Piacenza e quella decisiva per 3-1 a Modena). I Canarini si giocarono la possibilità di poter far conto su due risultati su tre all’ultima giornata, perdendo all’ultimo minuto ad Udine per una rete in rovesciata di Aldo Firicano. Il Genoa con il sindaco di Genova, Cesare Campart (che arringò i giocatori negli spogliatoi prima della partita), e settemila tifosi al seguito che esposero il bellissimo striscione SOLO CHI SOFFRE IMPARA AD AMARE; NOI SOFFRIAMO, TI AMIAMO E CON TE TORNEREMO GRANDI, giocò una partita bella e coraggiosa che gli evitò un’altra «settimana di passione» per lo spareggio con i medesimi avversari, a cui nulla servì l’incitamento di un centinaio di «velenosi» ultras blucerchiati (che quasi per una dantesca «pena del contrappasso» dovettero vedere l’ex capitano della Sampdoria, Scanziani, «spostare gli equilibri», riportandolo in vantaggio, a favore del Grifone) e che furono condannati senza appello alla retrocessione in Serie C.

Serie A 1989/1990: Serie A mantenuta con relativa tranquillità e un successo casalingo sul già retrocesso Ascoli. In vantaggio di due punti sulle retrocedende – e poi retrocesse – Udinese ed Hellas Verona, al Genoa sarebbe bastato domenica 29 aprile 1990 un pareggio interno con il «fanalino di coda» Ascoli per assicurarsi la salvezza. La squadra guidata per l’ultima volta nella prima delle sue tre esperienze sulla panchina del Genoa dal «Professore» Francesco «Franco» Scoglio, che era stato il principale artefice del ritorno – dopo un lustro di assenza – in Serie A, non si fece distrarre dalla vicenda giudiziaria dell’attaccante uruguayano Carlos Alberto «Pato» Aguilera Nova, che a causa delle sue «amicizie pericolose» aveva trascorso la notte precedente l’incontro nel carcere di Marassi e poi era sceso regolarmente in campo (in Gradinata Nord campeggiava lo stendardo PATO, DENTRO O FUORI, SARAI SEMPRE NEI NOSTRI CUORI!). Fu proprio una punizione dal limite dell’area di rigore del talentuoso sudamericano, respinta dal palo sinistro, a fornire a Franco Rotella l’occasione – sfruttata – di sbloccare dopo soli quattro minuti il risultato, che venne definitivamente messo al sicuro al 43’ della ripresa da Gennaro «Gennarino» Ruotolo, su assist di Aguilera Nova.

Serie A 1992/1993: una rete di Andrea Fortunato a dieci minuti dalla fine salvò il Centenario del Genoa in Serie A. In una situazione di classifica simile a quella di tre anni prima, ma dovendo affrontare al “Luigi Ferraris” all’ultima giornata non l’ultima, bensì la prima – matematicamente campione d’Italia da una settimana – in classifica, il Milan, il Genoa riuscì a raddrizzare le sorti dell’incontro, dopo aver subito nella ripresa la rimonta, a dieci minuti dalla fine con Andrea Fortunato, già ceduto alla Juventus (il terzino sinistro dal cognome tragicamente antitetico al suo destino esistenziale sarebbe poi morto, prima di compiere ventiquattro anni, di leucemia a Perugia martedì 25 aprile 1995), evitando di disputarsi la permanenza in Serie A con la Fiorentina allo spareggio. La rete giunse tanto sospirata quanto non inaspettata dai tifosi rossoblù, visto l’atteggiamento tutt’altro che determinato degli ospiti a difendere il vantaggio (con il Genoa in svantaggio, a bordo campo faceva esercizi di riscaldamento per fare – come sarebbe avvenuto – «passerella», a conclusione di una grande carriera, negli ultimi minuti lo stopper Fulvio Collovati!): fu così salvo il Centenario del Genoa in Serie A!

Serie A 1994/1995: i calci di rigore posero fine a Firenze a sei anni del Genoa in Serie A. In un vero e proprio «annus horribilis», segnato dall’uccisione del tifoso rossoblù Vincenzo «Claudio» Spagnolo prima di Genoa-Milan di domenica 29 gennaio 1995, il Genoa ebbe l’occasione di salvarsi, andando a vincere lo «scontro diretto» a Padova alla penultima giornata, ma si fece raggiungere sull’1-1, anche a causa di un arbitraggio sfavorevole del signor Angelo Amendolia di Messina, e la domenica successiva, 4 giugno 1995, si ritrovò «miracolato» dalla rete della vittoria per 2-1 in rimonta dell’interista «Super» Marco Delvecchio sui biancoscudati, da quel momento «agganciati» a 40 punti, quando aveva ormai raggiunto gli spogliatoi dopo aver vinto 1-0 in casa contro il Torino. Pur essendo il Genoa in vantaggio sul Padova (che aveva tratto beneficio dall’introduzione a partire da quel Campionato dell’assegnazione dei tre punti per la vittoria) tanto a livello di «classifica avulsa degli scontri diretti» quanto di differenza reti, era previsto lo spareggio, che andò in scena sei giorni dopo all’“Artemio Franchi” di Firenze. L’incontro, durante lo svolgimento del quale morirono di infarto due tifosi rossoblù allo stadio ed uno che lo seguiva in diretta televisiva su Rai1, fu dominato dai veneti, che non lo vinsero entro i tempi regolamentari o supplementari grazie ad alcuni interventi straordinari del portiere genoano Gianpaolo Spagnulo. Ai calci di rigore, in cui il Genoa calciava per primo, dopo l’errore iniziale di Gaetano Fontana (tiro deviato sul fondo da Spagnulo) il Genoa si trovò in vantaggio, ma lo dilapidò con quelli di Dario «von Karajan» Marcolin (tiro respinto da Adriano Bonaiuti) e Fabio «Fabio il bello» Galante (tiro alto sulla traversa) rispettivamente nella terza e nella sesta serie. Dopo la retrocessione in Serie C di domenica 7 giugno 1970, sancita «matematicamente» dalla sconfitta in campo neutro casalingo per 0-2 contro il Mantova alla penultima giornata, e quella in Serie B di domenica 7 maggio 1978, al termine dell’incontro pareggiato 0-0 con la Fiorentina, lo stadio di Firenze si dimostrava ancora una volta, dopo la trasformazione del calcio di rigore da parte dell’olandese del Padova, Michel Kreek, nefasto per il Genoa.

Serie B 2001/2002: il Genoa si salvò dalla Serie C sul campo della Reggina al termine di un incontro fin troppo cordiale. Dopo un 3-3 casalingo con il Cagliari la domenica precedente… tutt’altro che liliale, il Genoa si presentò all’“Oreste Granillo” di Reggio di Calabria alla ricerca di quel punto che lo avrebbe salvato nel caso si fosse dovuti ricorrere alla «classifica avulsa degli scontri diretti». La formazione rossoblù guidata da Scoglio e Claudio Onofri segnò due reti nei primi venti minuti di gioco (al 17’ con il ghanese John «The Rock of Gibraltar» e al 19’ con Marco «Carpa» Carparelli) e venne rimontata da una rete di Gianluca Savoldi jr. al 40’ e, dopo l’intervallo, da un calcio di rigore trasformato da Davide Dionigi al 3’. Per evidenziare la scarsa serietà della partita valgano i seguenti dati: al 33’ della ripresa il pubblico di casa invase il terreno di gioco per festeggiare la promozione della Reggina, già avvenuta al termine della precedente giornata di campionato; dopo undici minuti di sospensione, una volta che il campo era stato sgomberato dai tifosi, riprese la partita, che venne dichiarata dall’arbitro Marco Gabriele di Frosinone conclusa dopo soli otto minuti di gioco (va considerato come l’incontro era stato nuovamente interrotto per un minuto a causa di un’altra invasione di campo di alcuni tifosi reggini e come le sostituzioni effettuate nella ripresa avrebbero dovuto determinare due minuti di recupero).

Serie A 2011/2012: «urla nel silenzio» del “Luigi Ferraris” festeggiarono la vittoria del Genoa sul Città di Palermo e il raggiungimento della salvezza. Di fronte a poche centinaia di persone («addetti ai lavori», autorità e persone invitate dalle due società impegnate in campo), il Genoa, dopo quella di Brescia di dieci giorni prima, vinta 2-1 contro il Cagliari, affrontò – questa volta al “Luigi Ferraris” – domenica 13 maggio 2012 la seconda ed ultima partita «a porte chiuse» (la squalifica era stata comminata per le gravi intemperanze di gruppetti di ultras nel corso di Genoa-Siena 1-4 di domenica 22 aprile 2012), che lo vedeva opposto al Città di Palermo. Delle none canoniche possibilità di arrivo alla pari tra il Genoa e il Lecce, distanziato di tre punti prima dell’ultima giornata, l’unica che avrebbe condannato il Genoa alla retrocessione era quella che vedeva i salentini «corsari» contro il ChievoVerona e il Genoa sconfitto in casa dai rosanero (a parità di «classifica avulsa degli scontri diretti», determinata dai due pareggi che c’erano stati, avrebbero prevalso i pugliesi per miglior differenza reti complessiva). Le cose andarono esattamente all’opposto: dopo che i primi tempi si erano chiusi «a reti bianche», si registrarono il successo «con il più classico dei risultati» del Genoa e la sconfitta di misura – 0-1 – del Lecce.

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerca e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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