Lussana: «Il Genoa di Ballardini, metafora della vita. Lasciarselo scappare sarebbe folle»

"La sua difesa ad oltranza di Lapadula è stata l’arma decisiva per aiutarlo a trasformare i fischi in applausi" spiega il giornalista

Ballardini a Bologna - Foto Genoa cfc Tanopress

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Massimiliano Lussana, giornalista di Telenord, scrive la sua opinione dopo la vittoria del Genoa sul Cagliari. Davide Ballardini ha portato al sicuro il Grifone dopo un avvio di stagione davvero complicato. Mancano pochi punti alla salvezza aritmetica.

Sono reo confesso.

Pur volendo davvero bene, umanamente, prima ancora che calcisticamente, a Davide Ballardini e alla sua squadra – Carlo Regno e Stefano Melandri – nei giorni scorsi mi chiedevo il perchè dell’insistenza su Gianluca Lapadula, della difesa ad oltranza del numero 10 rossoblù nelle conferenze stampa, del perchè si continuasse a metterlo in campo e addirittura a fargli battere i rigori.

A tratti, durante le esternazioni del mister, mi aspettavo che saltassero fuori due cortesi signori in camice bianco che prelevassero Davide per fargli un Tso mentre magnificava le doti da bomber di razza di Lapadula.

Tutto congiurava contro “Lapa” e “Balla”: il costo del cartellino del giocatore italo-brasiliano, il rigore sbagliato con la Spal, il fatto che abbia segnato solo tre gol in stagione e tutti su rigore, il tiro al rallentatore sempre contro la Spal, certi atteggiamenti che avevano un po’ indisposto i tifosi.

E invece i due cortesi signori servivano per me.

Non perchè Lapadula avesse giocato bene prima di ieri sera, anzi.

Ma perchè Ballardini ancora una volta, l’ennesima, aveva capito tutto.

Umanamente prima ancora che calcisticamente.

La sua difesa ad oltranza di Lapadula è stata l’arma decisiva per aiutare Gianluca a trasformare i fischi in applausi, degli stessi che fischiavano, me compreso (che fischiavo con la mente).

La sua carica umana continua è stato l’ennesimo capolavoro di una stagione di capolavori.

Le sue mosse contro il Cagliari sono state la risposta silenziosa alle solite scemenze genovesi: “è uno che si accontenta del minimo e infatti ha perso tre partite di fila e pareggiato la quarta in casa contro la Spal undici contro dieci”; “Preziosi non lo conferma, ha già preso Nicola per una squadra divertente”; “Preziosi non lo conferma perchè le precedenti salvezze sono tutto merito della società e dei suoi interventi e zero del tecnico”; “E’ inadeguato, gioca solo in difesa”; “Gasperini ci faceva vedere del calcio, questo…”. E via di questo passo.

E pazienza se nelle tre partite di fila perse – Bologna, ma soprattutto Milan persa all’ultimo respiro e del tutto immeritatamente con un gol annullato cervelloticamente dal Var e Napoli, con una grande prestazione – il Genoa aveva probabilmente giocato il miglior calcio dell’anno (diverso il discorso con la Spal, dove la partita è stata oggettivamente inguardabile).

E pazienza se Balla sta firmando la terza salvezza miracolosa del Genoa, questa più difficile delle altre, visto che ha preso la squadra penultima e in disarmo con sei punti in dodici partite e ora è a 34 a un punto dall’undicesimo posto.

E pazienza se Balla ha preso una squadra a pezzi da tutti i punti di vista e l’ha trasformata nella squadra rivelazione della seconda parte di campionato, rivoltandola come un calzino, cambiando uomini, schemi e logiche, alla faccia di chi sostiene che “tutto sommato anche Juric si sarebbe ripreso”.

E pazienza se quando prese la squadra dopo l’esonero di Gasperini fece una media punti a partita molto più alta, nonostante una notevolissima riduzione del monte ingaggi rispetto alla squadra del Gasp, che pure aveva scelto gli uomini e fatto la preparazione estiva.

Insomma, Balla è un grande e merita in ogni modo di rimanere al Genoa anche l’anno prossimo, impostando mercato e preparazione, in modo da poter rivedere il gran bel gioco che portò alla Sambenedettese, al Palermo, al Cagliari e la prima parte della stagione alla Lazio, quando fu l’unico a strappare un trofeo al Mourinho del Triplete interista.

Il vero rischio, continuando a tergiversare sul rinnovo, è che se ne vada lui, su cui ovviamente sono accesi i riflettori e l’interesse di mezza serie A.

Anche se il legame con l’”Ambiente Genoa” e con la città e la sua identità è talmente forte, che per Balla – uomo di cuore e di passioni – può costituire un valore aggiunto.

Ma, a parte tutto questo, la vera storia da raccontare oggi è quella della formazione di ieri sera: squalificati Bertolacci e Taarabt, lungodenti Izzo, Galabinov e Veloso (e quest’ultimo è un bene per i ritmi di questo Genoa che ha iniziato a volare senza il regista portoghese), infortunato persino El Yamiq, e in panchina a riposare in vista del derby di sabato i titolari inamovibili delle ultime partite: Rigoni, Lazovic e soprattutto i due valori aggiunti del Genoa di questa seconda parte del campionato, lasciati marcire in panchina dai precedenti allenatori, Pandev e Spolli, oggi il miglior difensore centrale del campionato insieme a Coulibaly, Manolas e Bonucci.

Eppure, nonostante tutto questo, abbiamo visto uno straordinario Medeiros, straordinario non solo per il bellissimo gol fatto contro il Cagliari e il bellissimo gol sfiorato contro la Spal, ma per l’approccio alla partita. Penso alla lotta su ogni palla. Penso al grande assist per Lapadula che con il tiro al volo quasi segnava.

E poi, ovviamente, Lapadula.

E poi, chiaramente, Rossettini, che non fa impazzire noi esteti, ma quando lo chiami risponde.

E poi, Cofie, che quest’anno non aveva praticamente mai giocato, ma ha fatto capire che – compatibilmente con i mezzi tecnici – c’entra pure lui con questa maglia.

E poi anche quelli che non hanno fatto una partita straordinaria, Bessa e i subentrati Omeolonga, Pedro Pereira e soprattutto Migliore, anche aggettivo fra tutti questi ultimi citati, con un bel cross e una mano decisiva in difesa quando c’è stato bisogno negli ultimi cinque minuti.

Ma, su tutti, Oscar Hiljemark, uno che fin dai tempi di Palermo per Ballardini si butterebbe nel fuoco.

Perchè sono simili.

Perchè sono due persone perbene che non vendono fumo.

Perchè danno tutto.

Perchè, a volte, sono un po’ casinari, ma al momento giusto ci sono.

Perchè non se la tirano da inventori del calcio.

Ecco, uno come Hiljemark quelli che c’erano prima l’avevano messo fuori rosa.

Bollato come inutile, sorpassato, fuori moda.

Invece Balla l’ha richiamato, come ha richiamato tutti, come quando ha potuto ha fatto giocare qualche minuto a Thomas Rodriguez e ha portato in panchina un paio di volte Loick Landre (giuro che erano nella rosa del Genoa di quest’anno) .

Invece Balla l’ha fatto diventare indispensabile, lui “l’inutile Hiljemark”, “l’inguardabile Hiljemark”.

Invece, Balla.

Ecco, vedere un gruppo così, di gente che spunta dal cilindro e dà il tutto per tutto, corre su ogni palla, suda ogni goccia di sudore, è forse il miglior racconto del miracolo del Balla.

Che è un gran tecnico.

Ma è soprattutto un grande Uomo.

Lo raccontò Marco Rossi in una bella intervista al “Secolo XIX” quando gli chiesero chi fosse il suo allenatore preferito nella lunga storia da bandiera genoana e lui rispose, testuale: “Non ho avuto mai problemi con i tecnici, ma Vavassori e Ballaridni sono uomini stra-ord-di-na-ri, sì straordinari. Non hanno un cuore, ma dieci. Sono generosi, sinceri, sanno parlare e ascoltare, sono stati per me come altri due padri. Grazie”.

Il capitano non citò nessun altro.

Non fece altri nomi, anche se di allenatori ne aveva conosciuti tanti e alcuni li aveva avuti per lunghi periodi.

Ma la storia è questa: la partita di ieri, il gol di Medeiros, il sorriso di Lapadula, gli assist di Hiljemark, la parata di Perin, la corsa di Migliore e i salvataggi a campanile di Cofie sono una metafora della vita.

E per vivere bene, servono persone perbene.

Balla, Balla, Ballardini.

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