Federsupporter, vicenda tamponi Covid: “Er pasticciaccio brutto dè……. via Allegri”

La recente decisione dell’UEFA di escludere dalla gara di Champions League in Russia tre giocatori della Lazio che non hanno superato i tamponi previsti dalla stessa associazione internazionale pone, un problema di credibilità del sistema calcio italiano


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La recente decisione sanatoria dell’UEFA di escludere dalla gara di Champions League in Russia tre giocatori della Lazio che non hanno superato i tamponi UEFA pone, al di là dell’episodio, un serio problema di credibilità del sistema calcio italiano.

Ma andiamo con ordine.

In Italia i test utilizzati per accertare la positività da COVID 19 sono ( cfr. Il Messaggero , 4 novembre 2020, pag. 5) ;Tampone molecolare, tampone antigenico, test salivare, test sierologico.

In pratica, ci troviamo dinanzi ad una scala di valori di affidabilità decrescente dell’efficacia dei test.

Da quello maggiormente affidabile ( tampone molecolare), il cui esito richiede 48 ore di tempo, a quello antigenico o rapido i cui risultati sono immediati, al test salivare, tanto più semplice quanto più inaffidabile ( tanto da non essere validato) fino al test sierologico, attraverso il prelievo ematico, ma che ha un limite non indifferente quale la difficoltà di identificazione della positività attuale da quella superata.

Dall’esito dei test soprarichiamati emergono quattro situazioni soggettive : positivi, asintomatici, debolmente positivi, positivi con bassa carica virale. Ma tutti da considerare positivi secondo le precauzioni UEFA.

In questo sintetico quadro dei controlli antivirali si colloca il problema di chi effettua i test.

L’UEFA affida il controllo dei giocatori partecipanti alle competizioni europee ad un unico centro diagnostico : SYNLAB, laboratorio al quale si rivolge anche la FIGC per il controllo delle nazionali azzurre.

La Lega Serie A, così come riportato da Il Corriere dello Sport del 4 corrente, “ per una questione di costi non ha nominato un ente territoriale che fa i controlli per tutti”.

Cioè ogni Club si rivolge al proprio centro diagnostico di fiducia.

Nel caso della Lazio il centro diagnostico prescelto è “il laboratorio di Avellino di proprietà di Walter Tacconi, ex presidente del club irpino “ ( cfr. Emiliano Bernardini su Il Corriere dello Sport, pag. 27)

Ognuno per sé e Dio per tutti . Questa è la regola !

E qui risiede la vera anomalia che, prescindendo da scelte singole, mette in evidenza la sudditanza della FIGC alla Lega Serie A.

Non mi addentro sulle modalità di validazione dei prelievi, dettagliatamente illustrate da Andrea Ramazzotti su Il Corriere dello Sport (pag. 3). Ciò che in questa sede è importante rilevare è l’assurdità di una situazione che non può non inficiare la credibilità ( se ce ne fosse ancora) del nostro campionato. Ogni club certifica , motu proprio, la negatività dei propri atleti prima di ogni gara con test che sono eseguiti nella stessa mattinata (tampone antigenico).

Se ancora si dibatte, nell’attuale drammatica situazione virale, all’interno della Lega Serie A la politica dei costi, significa essere fuori del sistema Paese; significa mettere in secondo piano ciò che dovrebbe essere il bene primario da tutelare, la salute pubblica; significa trascurare il rischio di diffusione del contagio; significa considerare i calciatori professionisti al di sopra di tutti gli altri cittadini e lavoratori ai quali viene imposto il test molecolare ; significa “premiare” il proprio interesse a discapito delle conseguenze sociali, economiche e, non ultime, morali che tale egoismo porta con sé. Ed a questa situazione a nulla valgono le sanzioni, più o meno pesanti, che la giustizia sportiva può irrogare. Da questa vicenda se ne esce solo coinvolgendo la responsabilità della FIGC che deve imporre, come l’UEFA, un unico centro diagnostico di validazione dei test per tutti gli atleti professionisti e per coloro che gravitano all’interno dei club.

Scelta del resto coerente con quello che la FIGC sta già facendo, nello stesso centro diagnostico scelto dall’UEFA, per le squadre nazionali.

Non può, infatti, essere certo un problema di costi per i club il freno ad una logica che non coinvolge solo il mondo del calcio.

I “padroncini” dei club dovranno fare, finalmente, i conti con il proprio egoismo economico e la frenesia di potere ed intervenire finanziariamente a copertura di tali oneri sanitari prima ancora che sociali.

Alfredo Parisi – Presidente Federsupporter

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