Federsupporter: il calcio Italiano come l’orchestrina del Titanic, ennesimo “flop” della Giustizia sportiva

Massimo Rossetti, avvocato dell'associazione, commenta in punta di diritto la decisione del Tribunale Federale Nazionale di dichiarare improcedibile il deferimento nei confronti del Chievo


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Si sono accumulate e si stanno accumulando, in questi ultimi tempi, alcune vicende, diverse tra loro, ma che, tutte, dimostrano come il calcio italiano stia diventando simile all’orchestrina del Titanic, che continuava a suonare mentre l’imbarcazione affondava.

Bancarotte di società calcistiche, anche storiche e di grandi città, fidejussioni false o irregolari, mancati versamenti di contributi previdenziali, di retribuzioni e di imposte, illeciti o tentativi di illecito, la collocazione di società in una Serie professionistica a scapito di altre: queste le tipologie delle vicende in questione.

Laddove si dimostra, ancora una volta, come l’attività di vigilanza e controllo sulla corretta e sana gestione delle società di calcio o sia mancata o sia stata carente o, comunque, intempestiva.

E laddove, ancora una volta, si dimostra la fondatezza di quanto richiesto e proposto, da tempo e inascoltata, da Federsupporter, e non solo, come si dirà, proprio in tema di vigilanza e controllo.

A tale proposito, ricordo che, nell’ambito del voluminoso Dossier “Vogliamo che il calcio resti libero” predisposto da Federsupporter nel maggio 2015 ed allora sottoposto alle competenti Istituzioni, statali e sportive, uno specifico documento era dedicato alla natura, ruolo e doveri della CO.VI.SOC. ( Commissione di Vigilanza sulle Società Professionistiche).

Quest’ultima, cui, per delega del CONI alle Federazioni sportive nazionali, sono demandate le suddette funzioni di vigilanza e controllo, da esercitarsi mediante “appositi organismi tecnici”.

Organismo che, nel caso della FIGC, è stato, per l’appunto, individuato nella CoViSoc.

CoViSoc che, in quanto organismo interno alla FIGC e pure essendo un soggetto di diritto privato, svolge un’attività amministrativa, poiché “l’attività amministrativa è configurabile non solo quando l’amministrazione eserciti pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando essa ( nei limiti consentiti dall’ordinamento) persegua le proprie finalità istituzionali mediante un’attività sottoposta, in tutto o in parte, alla disciplina privata per i rapporti tra soggetti privati“ ( cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 4 del 22 marzo 1999).

Pertanto, circa il corretto esercizio dei poteri-doveri di vigilanza e controllo, tale corretto esercizio deve conformarsi ai “principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione dettati dall’art. 97 Costituzione” ( cfr. Cassazione, sentenza n. 6681 del 23 marzo 2011).

Si tenga, inoltre, presente che, ai sensi dell’art. 13 della Legge n. 91/1981 (Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti), è espressamente attribuito alle Federazioni sportive nazionali il potere, in realtà il dovere, di denuncia al Tribunale, ex art. 2409 CC, nel caso di “fondato sospetto di gravi irregolarità nell’adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci “.

Potere-dovere che, almeno a quanto consta a chi scrive, non risulta che la FIGC, su impulso della CoViSoc, abbia mai esercitato, pur in presenza di fatti e comportamenti che avrebbero dovuto imporre l’esercizio del suddetto potere-dovere.

Esercizio che, se effettivamente attuato, avrebbe potuto impedire o, almeno, limitare i casi, sempre più frequenti e gravi, di dissesto poi verificatisi.

Perché ciò non è avvenuto o è avvenuto solo parzialmente ed in ritardo ?

Lo spiega, molto bene, alle pagg. 212-2013, del Libro “Football Clan”, prima edizione Rizzoli 2012 e Best BUR, Rizzoli 2014, del quale è coautore, il Dr. Raffaele Cantone, già Pubblico Ministero alla Direzione Distrettuale Antimafia, Magistrato della Cassazione e, attualmente, Presidente dell’ANAC(Autorità Nazionale Anticorruzione).

Sostiene l’Autore: “Occorre una riforma profonda, che deve essere discussa in tutte le sedi, a partire dal Parlamento, e non solo nell’ambito della comunità calcistica. Perché è ormai manifesta la necessità di definire un nuovo modello di vigilanza dotato di professionalità ed autonomia. La nascita di uffici con effettive capacità di indagine, con organici adeguati, con figure qualificate e preparate: investigatori e giudici a tempo pieno, e non ispettori della domenica come se il calcio fosse ancora dilettantistico… Nelle analisi internazionali viene posto l’accento sula deterrenza e si punta sull’ipotesi di creare pool specializzati che sorveglino i campionati, con controlli a sorpresa ed interventi mirati dove si evidenzino situazioni particolarmente a rischio. “

Alla mancanza e/o carenza di un efficiente ed efficace esercizio del potere-dovere di vigilanza e controllo di cui trattasi, fa pandant il sostanziale flop della Giustizia sportiva.

Un fatto autorevolmente denunciato dal Generale dei Carabinieri, Enrico Cataldi, il quale il 9 luglio scorso si è dimesso da Procuratore Generale presso il Collegio di Garanzia del CONI (cfr. articolo del 10 luglio scorso su “Il Corriere della Sera”).

Egli ha affermato che la giustizia sportiva è nelle mani di “giudici scelti, nominati e, spesso, orientati dagli stessi Presidenti federali”, con Procure Federali, spesso, sempre a suo dire, pigre ed inerti che “tengono gli atti chiusi in un cassetto”.

Una denuncia certamente forte, ma che, stranamente, anche se non troppo, non ha ricevuto quel risalto e non ha suscitato quell’interesse e quell’attenzione, in specie da parte dei mass media, che ci si sarebbe potuto attendere.

Affermazioni che, peraltro, anche in questo caso, trovano altrettanto autorevole riscontro nel citato libro del Dr. Cantone, il quale, alla pag. 293, sostiene che “l’attuale organizzazione della giustizia sportiva- pur dando atto alla Procura federale ed ai giudici delle Commissioni dell’enorme impegno profuso- sembra difficilmente compatibile con le dimensioni che il football ha come business in rapporto all’economia nazionale e con la sua rilevanza sociale. Si rendono dunque indispensabili strutture adeguate che garantiscano giudizi rapidi e condivisi, che siano in grado di compiere istruttorie anche autonome sul territorio nazionale, soprattutto nelle Serie minori. Il personale dovrebbe essere a tempo pieno, avere un’esperienza specifica nel settore investigativo o giudicante “.

E, in precedenza, alla pag. 211, sempre l’Autore aveva incisivamente affermato che “la magistratura del calcio ricalca quella di una qualunque associazione professionale, come se fosse un collegio di probiviri chiamato a valutare la correttezza di avvocati, medici, notai o giornalisti…si ispira a una logica di trattativa, che punta al raggiungimento di una mediazione tra gli associati più che alla salvaguardia del calcio”.

Una inadeguatezza, quella della giustizia sportiva, testimoniata, da ultimo, dalla vicenda delle plusvalenze fittizie addebitate al Chievo.

Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, riunitosi il 17 luglio scorso, ha deciso (cfr Comunicato Ufficiale n,. 10/TFN Sezione Disciplinare pubblicato il 25 luglio scorso), di dichiarare improcedibile il deferimento nei confronti del Chievo, del suo Presidente e di altri, accogliendo l’eccezione degli incolpati, essendo stata rigettata dalla Procura Federale l’istanza di audizione degli incolpati stessi prima del deferimento.

La Procura Federale aveva rigettato l’istanza, sul presupposto che il termine fissato dalla stessa Procura per la richiesta audizione era scaduto e considerato che tale termine doveva ritenersi perentorio.

Viceversa, il Tribunale Nazionale Federale ha stabilito che l’istanza di audizione, presentata alla Procura Federale prima della conclusione del procedimento, deve essere accolta, anche se scaduto il termine fissato dalla Procura medesima, essendo il suddetto termine meramente ordinatorio e non perentorio.

Quanto sopra, sia alla luce di una precedente, richiamata giurisprudenza della Corte Federale d’Appello, a Sezioni Unite (decisione del 23 novembre 2016), confermata dal Collegio di Garanzia del CONI, pure a Sezioni Unite ( decisione del 7 aprile 2017), sia di una decisione ( 12 aprile scorso) dello stesso Tribunale Federale Nazionale che aveva sancito essere pacifico “che la ratio sottesa all’art. 32 ter, comma 4 CGS, è quella di garantire all’incolpato la piena difesa che costituisce un principio di radicamento costituzionale”.

Non solo, ma il suddetto Tribunale aggiunge che “Sebbene tale termine (ndr quello fissato dalla Procura Federale per l’istanza di audizione) non sia normativamente prefissato, non può ritenersi che lo stesso possa essere stabilito a totale discrezione della Procura Federale, dovendo lo stesso essere determinato tenuto conto delle esigenze di difesa degli interessati. Non va dimenticato, infatti, che la scansione procedimentale intercorrente fra la comunicazione di conclusione indagini e l’atto di deferimento si pone a tutela del diritto di difesa dei futuri deferiti”.

Dunque, un errore macroscopico quello commesso dalla Procura Federale: un errore che, per un qualsiasi avvocato, avrebbe comportato di dover rispondere a titolo di responsabilità professionale per colpa grave.

E’ evidente che la soluzione non può che essere quella, lo ribadisco, avanzata da tempo da Federsupporter e che, come visto, trova autorevoli riscontri, di attribuire la vigilanza ed il controllo sulle società di calcio ad una Autorità indipendente e separata dalla FIGC, strutturata nei modi indicati nel suo libro dal Dr. Cantone, tale da costituire una sorta di ANAC del calcio, in grado di prevenire certe situazioni più che reprimerle, sempre troppo tardi ed invano.

Senza dimenticare o fingendo di dimenticare che la dimensione economica dello sport e, nella fattispecie, del calcio, deve essere conciliata con la sua “ inalienabile dimensione popolare, sociale, educativa e culturale” ( art. 2, comma 5, dello Statuto CONI).

Né si può dimenticare o fingere di dimenticare che una architrave della autonomia e specificità dell’ordinamento sportivo calcistico è costituita dall’osservanza da parte di tutti i suoi appartenenti dei doveri di “ lealtà, correttezza e probità” (art. 1 bis CGS della FIGC).

Doveri che vanno ben oltre la mera liceità penale, civile, amministrativa e che richiamano la regola giuridica comune del Diritto Romano “non omne quod licet honestum est” (non tutto quello che è lecito è onesto) .

Avv. Massimo Rossetti – Responsabile dell’Area giuridico-legale di Federsupporter

(Riceviamo e pubblichiamo)

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