Novant’anni fa andò in scena la prima “tre giorni” milanese del Genoa

Tra il 28 giugno e il 1° luglio 1928 il Grifone pareggiò prima con l'Inter 2-2, poi superò 1-2 il Milan


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Giovedì 28 giugno 1928: un beffardo pareggio interista a due minuti dal termine ostacolò la corsa del Genoa verso il titolo nazionale

Dopo essere stato fermato quattro giorni prima in casa sull’1-1 dai nerostellati del Casale XI Legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, che nelle sette giornate dell’andata del Girone Finale avevano raccolto solamente un punto, pareggiando 2-2 in casa contro il Milan, il Genoa, quinto in classifica in coabitazione proprio con l’Internazionale (le due squadre erano distanziate di quattro punti dal Torino e di uno da Alessandria, Bologna e Milan), si riprometteva di iniziare a scalare la classifica dalle due partite consecutive a Milano, visto che poi il calendario delle quattro ultime giornate gliene riservava tre a Marassi (in cui avrebbe poi fatto «bottino pieno», rifilando un 3-0 alla Juventus, un 2-0 al Bologna e un 2-1 all’Alessandria) ed una sola in trasferta (a Torino, dove, invece, avrebbe subito nella partita decisiva per il titolo un’autentica disfatta contro i granata futuri campioni d’Italia, capaci di segnare due reti nei primi due minuti e di vincere il big match per 5-1).

Il capitano rossoblù Renzo «il Figlio di Dio» De Vecchi, che da quel campionato guidava la squadra, essendo l’inglese «Mister» William Thomas «Billy» Garbutt, dopo dieci campionati consecutivi (considerata la parentesi bellica in cui non se ne disputarono) sulla panchina genoana, andato a sedersi su quella della neonata Roma, decise di ovviare alla squalifica di Giovanni Chiecchi III, schierando come terzino sinistro – il ruolo da lui normalmente occupato – Orlando Virgilio Tognotti II e di accentrare dall’estrema sinistra dell’attacco in posizione di mezzala Virgilio Felice «Levre» Levratto II, schierandosi lui nel ruolo «liberato» dal fromboliere di Carcare. In porta, stante l’indisponibilità del titolare Giovanni «Ragno» De Prà per l’infortunio sopportato con il suo proverbiale stoicismo fino al termine del vittorioso incontro degli Ottavi di Finale (Italia-Francia 4-3 di martedì 29 maggio, che, alla diciannovesima presenza, rappresentò il suo «capolinea» in Nazionale), alle Olimpiadi di Amsterdam, giocò Enrico Carzino I sr. (in quanto da due anni padre di Luigi, che, come lui, avrebbe difeso – diciassette anni dopo – la porta della Sampierdarenese).

L’avvio dell’incontro fu favorevole ai padroni di casa, che passarono in vantaggio con Fulvio «Fuffo» Bernardini II (che aveva smesso il biancoceleste laziale per indossare il neroazzurro interista per poter studiare alla facoltà di Scienze Economiche – in cui si sarebbe laureato nel 1934 a Roma, mentre militava tra le fila giallorosse – alla prestigiosa Università “Luigi Bocconi” di Milano), il quale al 20’ colpì di testa per due volte il pallone (prima sul cross di Enrico Rivolta, poi sulla respinta della traversa) per insaccarlo. Il Genoa reagì, cogliendo un palo al 24’ con una bordata di Levratto II, e raggiungendo il pareggio al 33’, quando Giovanni «Gino» Puerari III (un’altra «rara avis» nel panorama calcistico, in particolare in quei tempi, che aveva rinunciato a rispondere alla convocazione in Nazionale per i Giuochi Olimpici di quell’anno per proseguire quegli studi universitari che lo avrebbero portato ad essere uno stimatissimo avvocato) effettuò dalla destra un cross, che, sfiorato da Levratto II, venne raccolto a pochi centimetri dalla linea di fondo da De Vecchi, il quale, facendo partire un violentissimo diagonale di esterno sinistro, sorprese con quell’ultima segnatura della sua straordinaria carriera il portiere Valentino «Pantera» Degani, offrendo la possibilità allo scarso pubblico presente di ammirare con quasi vent’anni d’anticipo – dalla sinistra anziché dalla destra – la rete che avrebbe reso celebre la mezzala destra dell’Inghilterra, trionfatrice domenica 16 maggio 1948 a Torino per 4-0 sull’Italia, Stanley Harding «Morty» Mortensen, che quel giorno sbloccò con la sua prodezza il risultato dopo quattro minuti di gioco. Sfruttando l’«inerzia» positiva della rete segnata, il Genoa la replicò due minuti dopo con Luigi «Luigin» Burlando, abile a trovare uno spiraglio per un tiro dal basso in alto su azione di calcio d’angolo, provocato da una sua precedente conclusione deviato sul fondo da Degani. Al 40’ in un fortuito scontro aereo con Rivolta il terzino genoano Umberto Lombardo venne ferito alla testa e dovette lasciare il terreno di gioco, rientrandovi con la testa bendata e in condizioni menomate all’inizio della ripresa nel ruolo di ala destra con conferma dell’arretramento in difesa di De Vecchi e «scivolamento» di una posizione verso sinistra degli altri quattro attaccanti genoani. Lo schieramento improvvisato degli ospiti permise ai neroazzurri, dal precedente campionato allenati dall’ebreo ungherese Árpád Weisz, che sarebbe morto il 31 gennaio 1944 in una camera a gas del campo di sterminio nazionalsocialista di Auschwitz, in Polonia, di assediare la porta di Carzino I sr., salvata nei primi due minuti da un intervento sulla linea di Ottavio Barbieri su tiro angolato di Bernardini II e da un doppio rimbalzo del pallone sulla traversa. Poi al 17’ l’estremo difensore genoano anticipava con un’uscita bassa Bernardini II lanciato a rete, che lo saltava cavallerescamente. Per il regolamento dell’epoca, però, si configurava l’infrazione del gioco pericoloso passivo, che veniva sanzionato con un calcio di punizione indiretto in area di rigore. Dopo le solite sceneggiate con la barriera che non rispettava la distanza regolamentare e la ripetizione della punizione, il pallone non violò la porta degli ospiti, salvata sette minuti dopo da un bell’intervento di Carzino I sr. su tiro di Rivolta, a cui la chiusura contemporanea di Tognotti II e De Vecchi aveva impedito di scegliersi l’angolo. A un paio di minuti dalla fine, su calcio d’angolo battuto da Rivolta, il pallone conteso dalle teste di Bernardini II e Burlando finì nella zona in cui si era portato Leopoldo «Poldo» Conti, il quale lo sospinse in rete (secondo i genoani, aiutandosi con un braccio). Quel punto perso in extremis avrebbe messo il Genoa diciassette giorni dopo nella condizione di non presentarsi a pari punti con i granata – con le implicazioni psicologiche conseguenti – alla sfida decisiva di Torino.

Milano, giovedì 28 giugno ri1928, Stadio “Virgilio Fossati”, ore 18,15

Internazionale-Genoa 2-2 [IX giornata del Girone Finale della Divisione Nazionale del Campionato Italiano 1927/1928]

Arbitro: Mattea II [Torino]

Marcatori: nel 1° tempo al 20’ F. Bernardini II (I), al 33’ R. De Vecchi (G), al 35’ L. Burlando (G); nel 2° tempo al 43’ L. Conti (I)

Internazionale: Degani; Gianfardoni, Allemandi; Pietroboni, Castellazzi, Visentin; L. Conti, G. Meazza, F. Bernardini II, T. Moretti, Rivolta. Allenatore: Weisz

Genoa: Carzino I sr.; U. Lombardo, Tognotti II; O. Barbieri, L. Burlando, M. Parodi; Puerari III, Bodini I, Catto, Levratto II, R. De Vecchi. Allenatore: R. De Vecchi.

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