Nell'ultimo Genoa-Hellas Verona di Serie A l'ultima gioia rossoblù di Osvaldo Bagnoli

Domenica 4 aprile 1992 si giocò al “Luigi Ferraris” di Genova l’ultima sfida a livello di Serie A tra il Genoa, allenato da Osvaldo «lo Schopenauer della Bovisa», e l’Hellas Verona, guidato dal carismatico svedese Nils «Liddas» Liedholm. Il Genoa era stato sconfitto sullo stesso campo quattro giorni prima per 2-3 nella semifinale d’andata della […]


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Domenica 4 aprile 1992 si giocò al “Luigi Ferraris” di Genova l’ultima sfida a livello di Serie A tra il Genoa, allenato da Osvaldo «lo Schopenauer della Bovisa», e l’Hellas Verona, guidato dal carismatico svedese Nils «Liddas» Liedholm. Il Genoa era stato sconfitto sullo stesso campo quattro giorni prima per 2-3 nella semifinale d’andata della Coppa U.E.F.A. dall’Ajax di Amsterdam ed aveva iniziato una parabola discendente che lo avrebbe portato a raccogliere nelle ultime dieci partite solamente la vittoria casalinga con gli scaligeri e due giornate prima un pari esterno per 2-2 nel Derby della Lanterna e nella giornata successiva un altro pareggio (per 1-1) al “Sant’Elia” di Cagliari. Dopo l’1-1 in Olanda che sancì la fine della brillante avventura europea dal Grifone la squadra perse gli stimoli ed uscì sconfitta dalle ultime sei gare di campionato, passando dall’ottavo posto che deteneva in coabitazione con la Roma alla fine della XXIV giornata al quattordicesimo (l’ultimo utile per il mantenimento della categoria) al termine della XXXIV ed ultima. Peggiò andò ai gialloblù veronesi che, dopo un solo anno di permanenza nella massima serie, dovettero far ritorno nella cadetteria in compagnia di Bari, Cremonese ed Ascoli. L’incontro venne risolto dall’ultima rete su calcio di punizione in rossoblù del brasiliano Cláudio Ibraím Váz Leal «Branco», che al 24’ del 1° tempo scagliò dai 23 metri un diagonale violentissimo d’esterno destro, che si infilò nell’angolino alto sinistro della porta sottostante la Gradinata Nord. Un quarto d’ora dopo il portiere genoano Simone Braglia toccò leggermente con la mano destra il pallone tirato da un metro dentro l’area di rigore da Pietro «Pierino» Fanna (l’unico superstite della formazione che, sotto la guida di Bagnoli, aveva portato per la prima volta lo scudetto sulle rive dell’Adige sette anni prima), che, a causa di quella leggera deviazione, invece che insaccarsi, andò a colpire l’incrocio destro dei pali. Nella ripresa Attilio Gregori, il quale, a causa delle sue molte incertezze, due anni prima aveva perso il posto da titolare nel Genoa (che non lo aveva confermato) in favore di Braglia, fu pronto al 16’ a smanacciare sopra la traversa un colpo di testa di capitan Gianluca Signorini sr. (che negli spogliatoi avrebbe fatto autocritica a nome suo e della squadra a proposito della «grana» dei premi scoppiata nell’imminenza della partita con i Lanceri di Amsterdam). Non gli fu da meno il collega-rivale in alcune situazioni, la più clamorosa delle quali fu la respinta al 38’ in occasione di un colpo di testa schiacciato del difensore centrale scaligero Ezio Rossi.

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerche e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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