I caduti genoani nella Grande Guerra

Per quasi quattro anni (dalla primavera del 1915 all’inverno 1918-19) l’attività calcistica – salvo sporadici tornei regionali fu pressoché abbandonata. La Grande Guerra avrebbe mietuto vittime anche fra le fila del Genoa. Il primo a cadere fu Luigi Ferraris, poi il portiere Adolfo Gnecco, l’ala Carlo Marassi, l’attaccante Alberto Sussone e il terzino Claudio Casanova […]


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Per quasi quattro anni (dalla primavera del 1915 all’inverno 1918-19) l’attività calcistica – salvo sporadici tornei regionali fu pressoché abbandonata. La Grande Guerra avrebbe mietuto vittime anche fra le fila del Genoa. Il primo a cadere fu Luigi Ferraris, poi il portiere Adolfo Gnecco, l’ala Carlo Marassi, l’attaccante Alberto Sussone e il terzino Claudio Casanova deceduto a Genova per i postumi delle ferite. Il vuoto più grande venne però lasciato da James Spensley il quale – anche se da anni aveva lasciato l’attività agonistica – era stato richiamato a difesa della porta del Genoa nell’autunno del 1913 in occasione di un paio d’amichevoli tra i giocatori inglesi del Grifone e i rossoblù italiani. In una di queste sfide quest’ultimi dovettero soccombere per 4 a 3 di fronte ai britannici, i quali schieravano oltre a Spensley anche Garbutt all’ala destra autore della rete decisiva. Spensley arruolatosi come ufficiale medico nell’esercito britannico fu ferito in Germania mentre stava generosamente soccorrendo un soldato tedesco oltre le linee, e spirò il 10 novembre del 1915 dopo oltre un mese di agonia nell’ospedale militare di Magonza. Venne sepolto – dove riposa tutt’ora – con gli onori militari nel cimitero di Kassel. Il 24 maggio 1920 venne inaugurata nelle tribune dello stadio una lapide commemorativa dei 25 soci del Genoa caduti nella Grande Guerra, mentre un altro genoano – già calciatore fra le fila dei ragazzi di Spensley vincitori del primo titolo del campionato riserve nel 1904 – si guadagnò la medaglia d’oro al valor militare (cosa piuttosto rara per un vivente) per un’eroica azione: Giuseppe Castruccio (diventato in seguito valente diplomatico e scomparso ultranovantenne non molti anni fa) nella notte del 22 settembre 1917 era riuscito da solo – sospeso nel vuoto – a portare in salvo un dirigibile italiano gravemente danneggiato dall’antiaerea austriaca e il suo equipaggio.

(a cura di Aldo Padovano)

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