Genoa-Fiorentina: la vera storia di un trionfo storico nel 1956

Grazie a uno scatenato Carapellese, il Grifone stese i fortissimi viola campioni d'Italia


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“Un pari e andiamo a casa tutti contenti” . Questa la voce che circolava negli spogliatoi prima di Genoa–Fiorentina valevole per l’ultima giornata del campionato 1955-56. Eh sì, perché con tale risultato la viola di Julinho, Montuori e Virgili neo scudettata, avrebbe conservato l’imbattibilità in campionato. In contemporanea il Genoa di Gren e Carapellese avrebbe mantenuto invitto il Ferraris. Ma a questo punto cominciò a prevalere da parte gigliata un misto fra sportività e (soprattutto) venalità. Sapevano che il premio scudetto ammontava a 1 milione di lire pro capite paragonabili all’incirca a 50 mila Euro attuali (a quell’epoca il convento non passava di più); un eventuale ulteriore successo avrebbe significato oltre l’imbattibilità, pure il record di punti nei campionati a 18 squadre. Sarebbero maturati quindi i presupposti per chiedere al loro Presidente Befani un… largo incremento in sede di compensi. Dunque : “si scende in campo per vincere” questa la parola d’ordine in casa viola; proposito peraltro irreprensibile sul piano etico sportivo. Con tale interpretazione la Fiorentina, pur non esibendosi ai suoi soliti livelli riesce comunque a chiudere in vantaggio la prima frazione. Un contropiede del brasiliano Julinho, con relativo cross rasoterra trova pronta la mezzala Gratton a depositare la palla in rete. Precisiamo: risultato ingiusto al momento per un Genoa generoso brillante e pimpante.

Momento topico nel primo quarto d’ora della ripresa. Montuori scappa via tutto solo soletto verso la porta rossoblu. Il suo marcatore De Angelis non trova di meglio che cinturarlo (in area naturalmente). L’oriundo argentino riesce a tirare ma la palla colpisce la base del palo con conseguente azione sfumata. Il fatto sarà in seguito censurato da tutta la stampa nazionale, ma l’arbitro Jonni di Macerata, uno dei migliori fischietti in circolazione così commenterà negli spogliatoi : “Se Montuori fosse caduto avrei concesso il penalty, essendo lo stesso rimasto in piedi ho lasciato il vantaggio” Dal possibile 0-2 all’1-1. Accade alla mezzora della ripresa. Chiappella, nazionale viola, stende in area lo scatenato Carapellese. E’ calcio di rigore. L’incaricato sarebbe lo specialista Frizzi, ma lo svedese Gren (fresco ex fiorentino) prende in mano il pallone e lo pone sul dischetto. “Ma ti rendi conto della responsabilità che ti assumi?, e se lo sbagli?”. Così capitan Carappa risponde alle intenzioni del collega che si mostra comunque irremovibile. Realizzerà il gol dell’1-1 alla sinistra di Sarti rimasto immobile. Il vero “magic moment” a cinque minuti dal termine. Su un attacco rossoblu, lo “sfrattato” Frizzi vede lo stesso Sarti leggermente fuori dai pali e da fuori area al volo lascia partite un tiro che si insacca sulla destra del portiere. Adesso i viola sono in apnea. Non hanno ancora subito sconfitte in questo loro meraviglioso torneo; pur provatissimi sul piano fisico e dal caldo (siamo nel mese di giugno) tentano un impossibile rimedio basato sulla forza della disperazione. E… come conseguenza subiscono una terza rete da parte di Carapellese, il migliore in campo nella contesa. Il 3-1 finale a favore del Genoa costituirà per i viola una macchia indelebile che si trascineranno per una vita (ancora oggi viene rammentata). Per il Grifone abituato a campionati di medio-basso livello, quella del 3 giugno 1956 sarà ricordata come la madre di tutte le partite rossoblù in quegli anni ’50.

Marco Colla

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