Correva l’anno 1984: Agnolin jr annullò nel finale due reti alla Sampdoria e il derby finì 0-0

Il fischietto di Bassano del Grappa annullò due reti a Francis e Casagrande per inesistenti fuorigioco: il Genoa raccolse un pareggio insperato


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Tra gli arbitri che hanno diretto derbies ufficiali tra Genoa e Sampdoria figurano al primo posto per «gettoni di presenza» (quattro) due «principi del fischietto» quali Giulio Campanati di Milano e Luigi «Gigi» Agnolin jr. di Bassano del Grappa. Entrambi hanno arbitrato solamente stracittadine di Campionato: tutte di Serie A, con una «striscia» iniziale di tre consecutive (domenica 14 ottobre 1962: Genoa-Sampdoria 2-1; domenica 17 febbraio 1963: Sampdoria- Genoa 3-1; domenica 19 gennaio 1964: Sampdoria-Genoa 0-1; domenica 22 novembre 1964: Genoa-Sampdoria 2-1) il lombardo, due della serie cadetta (domenica 22 ottobre 1978: Sampdoria-Genoa 0-2; domenica 10 maggio 1981: Genoa-Sampdoria 1-1) e due della massima categoria (domenica 28 novembre 1982: Genoa-Sampdoria 1-1; domenica 18 marzo 1984: Genoa-Sampdoria 0-0) il veneto (deceduto meno di due mesi fa, sabato 29 settembre), che è anche l’unico direttore di gara nei «Derbies della Lanterna» a vantare un parente stretto – il padre, Guido – ad aver svolto la medesima mansione (domenica 16 novembre 1947, in occasione del primo successo assoluto – dopo le due sconfitte nel precedente campionato, il primo a cui ha partecipato la Sampdoria – da parte della compagine rossoblù, che si impose in rimonta per 2-1, su quella blucerchiata). Non va dimenticato anche Paolo Tagliavento: il fischietto umbro ha diretto le stracittadine dell’11 aprile 2010 (Sampdoria-Genoa 1-0), dell’8 maggio 2011 (Genoa-Sampdoria 2-1, meglio conosciuto come il derby del “retrocessore” Boselli) e del 23 ottobre 2016 (Sampdoria-Genoa 2-1) ed era stato designato per quello dell’8 maggio 2016 (Sampdoria-Genoa 0-3), ma poi, essendo indisposto, era stato sostituito da Luca Banti.

Se il primo derby arbitrato dal «figlio d’arte» bassanese, nettamente vinto dal Genoa grazie a una doppietta di Giuseppe «Oscar» Damiani sr., non ebbe strascico di polemiche, non altrettanto si può dire di quelli degli anni Ottanta, in cui prese decisioni discutibili o errate pur nel contesto di una complessiva capacità di gestire partite «infuocate» (come dimostrato dai quattro genoani e dai cinque sampdoriani ammoniti nel 1984) che non è prerogativa di molti direttori di gara. Nel 1981, sullo 0-0, non rilevò al 5’ della ripresa un evidente sgambetto di Mauro Ferroni I ai danni di Francesco «Franco» Boito nell’area di rigore blucerchiata sottostante la Gradinata Nord, poi annullò, dopo il vantaggio rossoblù segnato al 22’ da Enrico Todesco, al 28’ una rete di testa di Giorgio Redeghieri su azione di calcio d’angolo in cui un genoano aveva subito un paio di secondi prima una spinta non fortissima che gli aveva impedito l’intervento aereo (i blucerchiati avevano poi raggiunto il definitivo pareggio grazia a una rete – la terza ed ultima in altrettanti derbies cadetti di ritorno – di Giorgio «Nano» Roselli sr. al 33’), mentre nel successivo derby (il Genoa aveva «aspettato» per un anno l’arrivo dei «cugini» in Serie A) estrasse il cartellino rosso in faccia a Giovanni «Mazinga» Guerrini al 36’ del primo tempo per un’entrata in scivolata sotto la Tribuna sul terreno fradicio a piedi uniti potenzialmente pericolosissima per l’incolumità del genoano Giuseppe «Beppe» Corti sr., che, però, era riuscito ad evitare l’altrimenti devastante impatto (alla “Domenica Sportiva” il celebre opinionista Gianni «Gioanbrerafucarlo» Brera commentò l’accaduto, dicendo che, in quella malaugurata evenienza, ci sarebbe stato un calciatore in meno e… uno zoppo in più!). Se al termine dell’incontro ricordato come il derby genovese con il maggior numero di spettatori (circa sessantamila) si levarono molte proteste da parte blucerchiata per l’arbitraggio di Agnolin jr., ancora maggiori – e, sportivamente, bisogna riconoscere tutt’altro che ingiustificate! – furono poco meno di un anno e mezzo dopo al termine di quella che sarebbe stata la sua ultima direzione di incontri tra il Genoa e la Sampdoria.

«Beffato» nel 1981 dal Genoa (promosso con Milan e Cesena «a spese» di Lazio e Sampdoria), il facoltoso presidente blucerchiato Paolo Mantovani sr. aveva allestito per il campionato seguente una squadra in grado di conquistare, nonostante un avvio sotto tono, la promozione in Serie A e di figurare in esso in maniera ambiziosa, mentre dall’estate del 1981 l’obiettivo del presidente rossoblù Renzo «o’ scio Renso» Fossati era in linea con quello che da una ventina d’anni si erano prefisse le due squadre genovesi, quando militavano nella massima serie: la permanenza in Serie A (all’epoca più difficile da raggiungere rispetto ad oggi, perché l’ultima posizione valida ad evitare la retrocessione era la tredicesima). Se al termine del Campionato precedente il Genoa aveva avuto un distacco di quattro punti dalla Sampdoria, in quello successivo, complici l’indebolimento del suo organico e il rafforzamento di quello della rivale cittadina, la «forbice» si era allargata in maniera impressionante, se è vero come è vero che al derby di ritorno del 1983/1984, trattato in questa rubrica, i blucerchiati si presentarono con 22 punti (quante erano state le partite disputate) e i rossoblù, penultimi, con 13 (frutto di due vittorie – ottenute in casa contro Torino e Catania –, nove pareggi ed undici sconfitte). Curiosamente proprio da quella partita il Genoa avrebbe iniziato la sua «remuntada», marciando fino al termine in perfetta media-inglese (dodici punti – con la vittoria se ne ottenevano due – in otto partite) e perdendo la salvezza per peggior «classifica avulsa» negli scontri diretti rispetto alla Lazio (che domenica 29 gennaio 1984 all’“Olimpico” si era imposta per 2-1 in rimonta sul Genoa grazie a un calcio di rigore trasformato da Vincenzo «Vincenzino» D’Amico e decretato dal signor Pietro D’Elia di Salerno per un fallo simulato da Lionello Manfredonia, da cui sarebbe stato con modalità… «copia ed incolla!» nuovamente ingannato – a voler «sposare» la tesi dell’ingenua buona fede dell’arbitro campano – tre mesi e mezzo dopo all’ultima giornata, quando, domenica 13 maggio, i biancocelesti ottennero il «salvifico» pareggio – 2-2 – a Pisa).

La quasi disperata situazione di classifica con cui il Genoa si era presentato al derby aveva indotto la tifoseria genoana assiepata in Gradinata Nord ad utilizzare striscioni per contestare il presidente in carica (FOSSATI, IL NOSTRO DERBY È CONTRO DI TE: VATTENE!) e sostenere la candidatura di uno dei tanti aspiranti massimi dirigenti rossoblù rimasti tali (GADOLLA FOR PRESIDENT!), quel Gianfranco Gadolla, il cui padre, Fausto, aveva guidato il club più antico d’Italia tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta. Dopo che nei primi minuti di gioco una punizione di sinistro da una ventina di metri di Roberto «Rambo» Policano aveva giustificato la presenza in campo dell’estremo difensore sampdoriano Ivano «l’angelo di Berlino» Bordon, il quale aveva dovuto effettuare una parata tutt’altro che impegnativa, la partita assunse i contorni previsti con il Genoa, che schierava il portiere italo-jugoslavo Silvano «Beara» Martina e il libero e capitano Claudio Onofri indeboliti dall’influenza, serrato in difesa per poter fermare gli avversari sullo 0-0. Il capitano blucerchiato Alessandro «Sandro» Scanziani, che nell’estate di due anni dopo sarebbe passato al Genoa, ebbe sul proprio piede destro due ghiotte occasioni da distanza ravvicinata per sbloccare il risultato con una rovesciata al 31’ del primo tempo e una deviazione al 3’ della ripresa (la prima venne bloccata da Martina «in due tempi», la seconda colpì il palo destro in basso), poi Roberto «Roby» Galia al 21’ del secondo tempo, su punizione battuta dall’irlandese William «Liam» Brady, mandò di testa il pallone verso la porta genoana salvata prima da una deviazione di Martina e poi della traversa (negli spogliatoi il terzino destro blucerchiato dichiarò sportivamente che erano ingiustificate le proteste dei suoi compagni di squadra che reclamavano la concessione della rete, perché la sfera era rimbalzata sulla linea di porta).

Il Genoa, che, decimato da precedenti infortuni, non aveva un difensore tra i quattro «uomini di movimento» in panchina, si ritrovò a perdere i due marcatori Claudio «Ruspa» Testoni, che non rientrò in campo dopo l’intervallo per il riacutizzarsi di un problema muscolare, e Nazzareno Canuti (colpito alla regione parietale destra da una gomitata del suo omologo blucerchiato, l’italiano di origini russe Pietro «lo Zar» Vierchowod, a tredici minuti dalla fine. Se in qualche modo alla prima defezione il tecnico del Genoa, Luigi «Gigi» Simoni, era riuscito a porre rimedio, arretrando Mario «Marietto» Faccenda in marcatura su Roberto «Bobby-goal» Mancini sr., la seconda si rivelò destabilizzante per l’equilibrio tattico rossoblù, che dovette resistere in dieci uomini per tre minuti (si tentò – senza riuscirci – di rimettere in sesto l’ex stopper dell’Internazionale) e poi per dieci, dopo l’ingresso in campo dell’olandese Johannes Wilhelmus «Jan» Peters (che non si trovava in panchina ovviamente per scelta tecnica, ma per le sue molto precarie condizioni fisiche), con il centrocampista Paolo Benedetti più che improvvisato controllore del centravanti inglese Trevor «the Striker» Francis. Sfruttando uno schema su calcio di punizione battuto da Brady a sette minuti dalla fine, proprio Francis, raccogliendo un traversone dalla destra di Francesco Casagrande, mandò da distanza ravvicinata il pallone ad infrangersi contro la traversa e sul rimbalzo anticipò, sempre di testa, Fernando «Nando» Viola, realizzando quella che sarebbe stata la sua prima rete nei derbies genovesi. Il tripudio della soprastante Gradinata Sud venne raggelato dall’annullamento della rete decretato da Agnolin jr., su errata segnalazione del guardalinee, che aveva ravvisato una posizione irregolare dell’attaccante albionico, in realtà tenuto in gioco da Faccenda (come si può vedere facendo un fermo-immagine nelle immagini disponibili su internet nel momento in cui Casagrande effettua il cross: cliccare il video a fine testo). Due minuti dopo su calcio d’angolo battuto alla sinistra della porta genoana, Benedetti intervenne sul pallone spiovente con la nuca (come si vede dalla registrazione televisiva), mandando pericolosamente il pallone all’indietro verso il palo destro della porta, dove un ultimo tocco di un sampdoriano – probabilmente Casagrande – gli fece varcare la linea fatale, ma la rete, in base a quanto affermato dai giocatori blucerchiati negli spogliatoi, venne annullata per un fuorigioco che non poteva sussistere.

TABELLINO

Genova, domenica 18 marzo 1984, Stadio “Luigi Ferraris”, ore 15:00

Genoa-Sampdoria [XXIII giornata del Campionato Italiano 1983/1984]

Arbitro: Agnolin jr. [Bassano del Grappa (VI)]

Spettatori: Quarantacinquemila circa

Genoa: 1 Martina, 2 Canuti (dal 35’ del 2° T.: 14 Peters), 3 Testoni (dal 1’’ del 2° T.: 16 R. Bergamaschi) 4 Faccenda, 5 Onofri, 6 Policano, 7 Viola, 8 Mileti, 9 Briaschi I, 10 P. Benedetti, 11 Bosetti. Allenatore: Simoni.

Sampdoria: 1 I. Bordon, 2 Galia, 3 L. Pellegrini I, 4 Pari, 5 Vierchowod, 6 Renica, 7 F. Casagrande, 8 Scanziani, 9 Francis, 10 Brady, 11 R. Mancini sr.. Allenatore: Ulivieri II.

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerca e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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