Baricentro basso e squadra compatta, così il Genoa ha fermato la Roma

La lavagna tattica: gli attaccanti rossoblù sono stati costretti a coprire una fetta di campo molto ampia. Ecco spiegata la poca brillantezza sia nell’ultimo passaggio che nella finalizzazione

Il rigore di Lapadula contro la Roma nel novembre 2017 (foto di Genoa Tanopress)

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Il Grifone “Balla” con la Lupa: fotografia di un pareggio nato non certo per caso. Tutta un’altra musica, il Genoa di Ballardini sembra una squadra totalmente diversa da quella allenata appena qualche settimana fa da Ivan Juric. Una diversità profonda, che rifugge dai moduli o dagli uomini-quelli sono praticamente identici- ma che tocca le corde più intime e delicate dei calciatori. È la testa ad essere cambiata, stimolata da nuove idee, perché sarebbe riduttivo vedere in Balla un semplice motivatore. Ordine, chiarezza e sacrificio: questi i dettami del tecnico ravennate impartiti alla squadra e declinati alla perfezione dai rossoblù. Il pareggio ottenuto con la Roma-anche se in superiorità numerica- è stato costruito nell’arco dei novanta minuti e non può essere ridotto esclusivamente all’espulsione di De Rossi. Il Genoa, fino al momentaneo vantaggio romanista firmato da El Shaarawy, aveva sofferto il giusto, ribattendo colpo su colpo e concedendo poco e nulla agli avanti giallorossi. Un punto d’oro quello della banda Ballardini e, a conti fatti, potevano essere anche 3 se Lapadula avesse centrato il bersaglio da buona posizione, ma questa volta lo spazio per i rimpianti è davvero esiguo.

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