CARLO DENEI: «Da Iacchetti mi aspettavo almeno una cassoeula»

Là, “Dove osano i Grifoni”, c’è un Grifone a cui piace osare. Stiamo parlando di Carlo Denei, attore comico e cabarettista, oggi autore del telegiornale satirico più famoso d’Italia, ovvero Striscia la Notizia. Prima di tutto, però, Carlo Denei è tifoso genoano, segnato da quella passione che contraddistingue tutti i supporters rossoblù, tanto da offrire […]


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Là, “Dove osano i Grifoni”, c’è un Grifone a cui piace osare. Stiamo parlando di Carlo Denei, attore comico e cabarettista, oggi autore del telegiornale satirico più famoso d’Italia, ovvero Striscia la Notizia. Prima di tutto, però, Carlo Denei è tifoso genoano, segnato da quella passione che contraddistingue tutti i supporters rossoblù, tanto da offrire la focaccia a tutti i colleghi di Striscia quando il Genoa vince, tanto da portare tutta la sua famiglia a Neustift, per stare vicino alla squadra durante il ritiro.

Carlo Denei, dopo Inter – Genoa di domenica scorsa il suo amico Enzo Iacchetti ha infierito?

«L’altro ieri è venuto a salutarci a Striscia e sono andato a salutarlo, congratulandomi per la performance della sua squadra, sperando che mi offrisse almeno una pizza. Come racconto anche nel mio libro, quando il Genoa vince al lunedì porto sempre la focaccia a tutti i ragazzi del cast, visto che il Genoa ha perso con l’Inter mi aspettavo che mi portasse la cassoeula…».

Invece…

«Invece mi ha stretto la mano e mi ha detto: “Sei sportivo”. D’altra parte noi genoani siamo abituati a soffrire».

Come nasce la sua passione per i colori rossoblù?

«Nasce… In fasce. È una malattia che mi ha attaccato mio zio paterno. I miei genitori mi insegnavano a non essere tifoso, che è la cosa più furba, ma questa è una malattia. Sono uno di quei genoani che soffrono da sempre, che ricordano la serie C del ‘70».

Lei ha scritto “Dove osano i Grifoni”. Da grifone, per il Grifone, fino a che punto ha osato?

«Eh… Bella domanda. Pensandoci, da ragazzino i miei genitori non mi lasciavano mai andare in trasferta, ma io ero troppo genoano e volevo dimostrarlo a tutti. Così se c’era Novara – Genoa, per fare un esempio, stavo a casa tutta la domenica e la sentivo per radio. Poi raccontavo di esserci andato. Quando hai quindici anni ci credi. Facevo sempre un gioco: all’epoca non c’era Primocanale che ti raccontava tutto, allora “studiavo”: leggevo la Gazzetta dello Sport per vedere nei minimi particolari cosa fosse successo, poi andavo a scuola. Ufficialmente ero stato a Novara, magari il professore mi interrogava di storia e io non sapevo un belino. Io millantavo di esser stato in trasferta. Ci sarei voluto andare, ma i miei genitori non ne volevano sapere».

Si dice che il genoano perfetto deve aver fatto almeno 101 trasferte per dirsi tale. Quante gliene mancano per raggiungere la quota “richiesta”?

«Il fatto è che io sono stato sposato due volte: la mia prima moglie era agnostica, di famiglia genoana, ma non aveva voglia di andare allo stadio, così per anni non sono andato. A un altro mio amico la moglie disse: “O me o il Genoa” e lui scelse il Genoa. Ora sono felicemente sposato e lei è ancora più genoana di me. Comunque, posso dire di non essere mai andato a dormire la domenica senza sapere cosa avesse fatto il Genoa, neanche quando sono stato in America nell’82 (quando non esistevano certi mezzi di comunicazione). Facendo l’attore sono sempre stato in giro, anche la domenica, e ho un po’ abbandonato. Da quando ho conosciuto la mia attuale moglie mi sono riavvicinato tantissimo: lei andava anche in trasferta. Ora io ho 54 anni, lei 40, abbiamo un bambino piccolo e ci limitiamo alle sfide casalinghe, anche se abbiamo programmato di andare a Napoli, il primo maggio. È il nostro sogno, se la sfida non si giocasse la domenica sera sarebbe perfetto».

Per l’occasione: biglietto di tribuna o settore ospiti?

«Io? In tribuna? Ma si è mai visto?».

Giusto così, insieme al Popolo Rossoblù. Intanto domenica ci sarà Genoa – Palermo. Previsti agguati di Ficarra e Picone?

«Peccato che non ci siano ancora a Striscia, se no potevo sperare di prenderli un po’ in giro… Staremo a vedere. Sarà una partita dura, “senza pronostico”. Con 35 punti, se non facciamo belinate, non dovremmo più soffrire».

Dei nuovi giocatori del Genoa, che hanno un po’ cambiato il volto di questa stagione, chi l’ha impressionata di più?

«Sicuramente Kucka, ma penso che abbia impressionato tutti. Anche Kaladze. Non mi aspettavo che il difensore facesse una stagione del genere. Quando sono arrivati lui e Toni ho pensato che fossero due acquisti fatti per accontentare il pubblico, invece mi sono sbagliato. Su Toni invece ho indovinato».

A proposito di cambiamenti. Lei aveva detto che al derby sarebbe stata dura riconoscere i due allenatori, Ballardini e Di Carlo. Ora la Samp ha cambiato allenatore e ha preso Cavasin. Insomma, “i cugini” non ne vogliono proprio sapere di darci una mano…

«È così, non ci riescono. Hanno preso un altro pelato, forse perché hanno voglia di… Capello».

Oggi nel calcio le squadre cambiano molto e in fretta. C’è qualche giocatore a cui è rimasto particolarmente legato?

«Ne parlavo con mia moglie: ho assorbito bene tutti i trasferimenti, ma spero nel ritorno di Ramon Turone. Anche se a circa settant’anni difficilmente tornerà a giocare…».

Qual è stata la cessione che non ha mai digerito?

«Come ho scritto nel mio libro, non ho ancora digerito la cessione di Pruzzo. Però Turone resta il mio mito. Quando è stato venduto Pruzzo avevo già i miei vent’anni. Ci si affeziona ancora oggi. Quando ho sentito che Criscito sarebbe andato via mi è dispiaciuto, poi fortunatamente è rimasto. Voglio sempre illudermi che i giocatori attaccati alla maglia ci siano, ma se sei in una grande squadra è più facile indossare quella maglia per tutta la vita. Penso che bandiere non ne esisteranno mai».

Pensierino finale: cosa ci si può ancora aspettare da questa stagione?

«Questo è un campionato di transizione. Dopo il derby e la partita con la Roma, diventati due piccoli “gioielli” da ricordare, se dovessimo vincere anche la prossima stracittadina non mi farebbe schifo. Se dovessimo fare un punto in più di loro non mi farebbe schifo. Francamente, vorrei che la Samp restasse in serie A: per come sono andati gli ultimi derby a noi, onestamente, farebbe comodo…».

Fabio Aronica

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