Ricciotto era il domestico del Marchese Onofrio del Grillo, interpretato da Albetro Sordi nella strabiliante pellicola di Mario Monicelli del 1981. Era il suo uomo ombra e di fiducia. Lo assisteva sempre, dal sorgere del sole fino all’alba che per il Marchese arrivava alle prime ore del pomeriggio. “S’è svejato er sor marchese!” urlava ogni volta, affinché la vita lavorativa dei romani potesse iniziare a rumoreggiare per le strade e i cortili di palazzo. Si è svegliato anche Lapadula, il Marchese del Grifo, in tal senso. Un risveglio che i genoani hanno atteso parecchi mesi.
In estate era la fascite plantare a tormentare l’attaccante proveniente dal Milan. In inverno la concorrenza di reparto con Galabinov. Lapadula non ha mai avuto la possibilità d’esprimersi con continuità e questo per un calciatore professionista è il peggiore dei mali. Non appena ha avuto l’opportunità – fisica e tattica – ha impiegato poco tempo a convincere la maggioranza dei tifosi sulle sue capacità: due gol in tre giorni (tre se se avessi infilato tutti i rigori…) e un atteggiamento da trascinatore che fa interazione. Questo è il vero Lapadula.
Sangue latino e mentalità europea. L’attaccante d’origine inca non ha mai reagito d’impulso agli ululati del Ferraris. Ha metabolizzato il lungo momento difficile, sicuramente senza sorriso; ha incassato i giusti fischi, protetto dall’intervento di Ballardini. E finalmente, contro il Cagliari, si è preso la scena, assieme a Medeiros. Lapadula è un barbaro dell’area di rigore senza una tecnica eccelsa ma con un grande fiuto per la porta. Dategli i palloni e il Marchese del Grifo li calcerà, magari non tutti in rete ma sicuramente con l’entusiasmo di un giocatore di provincia catapultato in Serie A. Con lui (e Rossi) il Genoa può stigmatizzare il problema del gol. S’è svejato er sor marchese…
