Federsupporter: il decreto legge “Rilancio”, non ha conferito alla Figc poteri amministrativi illimitati

L'articolo 218 del provvedimento del Governo non ha concesso neppure l'insindacabilità


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L’art. 218 (Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici)  del Decreto Legge in oggetto, conferisce alle Federazioni Sportive Nazionali poteri derogatori fino a “.. sessantesimo giorno successivo a quella (data) in cui ha termine lo stato di emergenza dichiarato con la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020…”, alle disposizioni vigenti sulla sorte dei campionati 2019-2020 di rispettiva competenza delle Federazioni stesse.

Da tale norma non scaturisce, però, come pure alcuno vorrebbe sostenere, il conferimento alle Federazioni e, per quello che qui maggiormente interessa, alla FIGC, di potestà amministrative illimitate e insindacabili.

A questo proposito occorre premettere che, in base alla Legge 280/2003, all’esclusiva potestà e competenza dell’ordinamento sportivo sono riservate solo le c.d. “Norme Tecniche”.

Vale a dire quelle norme relative al corretto svolgimento delle prestazioni sportive, a prescindere dalla collocazione nominale delle summenzionate regole nel novero delle norme definite regolamentari e/o statutarie.

Se, infatti, tali norme disciplinano situazioni giuridiche positive dei soggetti dell’ordinamento sportivo, esse devono essere sottoposte  al vaglio dei giudici normali.

Peraltro, agli atti della FIGC, pur essendo riconosciuto a quest’ultima la personalità giuridica di diritto privato, anche prima dell’articolo 218 del richiamato Decreto Legge n. 34/ 19 maggio 2020,  era attribuita valenza pubblicistica, qualora incidenti su posizioni giuridiche soggettive, quali diritti soggettivi ed interessi legittimi.

Ciò premesso, bisogna sottolineare che l’azione amministrativa deve conformarsi al principio di legalità sostanziale.

Al riguardo, la Corte Costituzionale (Sentenza 7 aprile 2011, n. 115) ha stabilito che l’art. 97 della Costituzione prevede una riserva di legge relativa, allo scopo di assicurare l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione a quanto, in via generale è previsto dalla legge.

La Corte ha stabilito, altresì, che il limite è posto a garanzia dei cittadini, i quali devono poter scrutinare, in via generale, il rispetto dei principi di imparzialità e di eguaglianza dell’esercizio del potere amministrativo, parametrando tale rispetto ai dettami della legge.

In particolare, la Corte sottolinea come l’esigenza del rispetto dei principi di legalità dell’azione amministrativa è ancora più necessario e stringente, qualora vengano imposte prestazioni personali e/o patrimoniali.

Il principio di legalità, prosegue la Corte, non può ritenersi rispettato nel caso in cui l’atto amministrativo si limiti ad un mero richiamo formale di una norma di legge (in bianco) che cioè, non contagia una prescrizione, seppure non dettagliata, dei contenuti e modalità dell’azione amministrativa.

Alla luce di quanto precede, la norma ex art. 218, richiamata, a me sembra avere proprio le caratteristiche di una normativa “in bianco” che, secondo la giurisprudenza costituzionale, non consente l’esercizio di una azione amministrativa conforme al principio di legalità.

Aggiungo che anche qualora si volesse ammettere che la norma citata attribuisca poteri amministrativi impliciti alla Federcalcio, in quanto finalizzati all’adeguata realizzazione degli scopi che la  stessa normativa si propone di perseguire nell’esercizio dei poteri attribuiti, quali concorrenti e consequenziali rispetto a quelli espressamente conferiti, ebbene, pure in questo caso,la Giustizia amministrativa pone dei limiti all’esercizio  di tali poteri.

Più precisamente, il limite per cui, in quanto necessario, devono essere rafforzate le garanzie di tipo procedimentale, mediante il potenziamento delle forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati.

Rafforzamento che “si sostanzia, tra l’altro, nella previsione di rafforzare la partecipazione egli operatori del settore al procedimento di formazione degli atti regolatori“ (cfr. Consiglio di Stato, Sez.VI, sentenza 2 maggio 2012, n. 2521).

Ne deriva che provvedimenti della FIGC, incidenti su diritti soggettivi ed interessi legittimi degli operatori del settore calcistico, quali ad esempio i calciatori, nonché su diritti soggettivi ed interessi legittimi dei tifosi, quali utenti e fruitori di spettacoli calcistici, ammesso pure che fossero riconducibili all’uso di poteri impliciti attribuiti alla FIGC, sarebbero tuttavia illegittimi, ove adottati senza  la partecipazione dei soggetti sopra indicati al procedimento della loro formazione.

Qualora, poi, alla norma ex art. 218 si volesse attribuire la natura di conferimento alla FIGC del potere di emanare ordinanze contingibili e di urgenza, anche in questo caso, per costante giurisprudenza, giurisdizionale ed amministrativa, essi debbono, pur sempre, rispettare i precetti costituzionali e i principi generali dell’ordinamento, compresi i principi del diritto comunitario.

La Corte  Costituzionale (Sentenza 28 maggio 1987,n.201) ha sancito che “Allorquando il riferimento a situazioni di urgenza e necessità, la legge attribuisca ad una autorità – diversa da quella investita, secondo la Costituzione di poteri propri e delegati di normazione primaria – il potere eccezionale di derogare alle stesse norme primarie con disposizioni relative, tanto a casi singoli quanto ad una generalità di soggetti o una serie di casi possibili, tali disposizioni sono sottoposte al regime degli atti amministrativi”.

Scrutino reso più rapido e facile, nella fattispecie , poiché il Decreto Legge in esame riduce i gradi della Giustizia sportiva, limitandoli al solo Collegio di Garanzia del CONI, prima del ricorso alla Giustizia amministrativa.

I suddetti provvedimenti, rimarrebbero, dunque, alla fine, comunque, scrutinabili in tale sede (TAR del Lazio e Consiglio di Stato), onde verificare l’eventuale assenza di vizi tipici del provvedimento amministrativo.

Tra i quali segnatamente, quello di eccesso di potere, secondo le figure sintomatiche di quest’ultimo, tra cui, a titolo non esaustivo, vanno enumerati il travisamento dei fatti, la contraddittorietà, la disparità di trattamento, l’illogicità e l’ingiustizia manifesta.

Avv. Massimo Rossetti

Responsabile Area Giuridico-legale Federsupporter

Nota bibliografica:

Rivista di Diritto Amministrativo, a cura di Roberto Garofoli, Magistrato del Consiglio di Stato, Vol. I, “NeldirittoEditore”, 2012, pagg. 3-219.

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