Addio a Roberto Rosato eroe di Messico ’70: era stato al Genoa per 4 stagioni

Lo chiamavano «faccia d’angelo», un soprannome a metà tra quello che era il suo aspetto fisico, i tratti dolci del suo viso e la grinta, la determinazione in campo: Roberto Rosato, morto questa notte a Cheri a quasi 67 anni, era un vero e proprio muro per gli avversari, è stato uno dei più grandi […]


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Lo chiamavano «faccia d’angelo», un soprannome a metà tra quello che era il suo aspetto fisico, i tratti dolci del suo viso e la grinta, la determinazione in campo: Roberto Rosato, morto questa notte a Cheri a quasi 67 anni, era un vero e proprio muro per gli avversari, è stato uno dei più grandi difensori italiani. Stopper implacabile, con classe ed eleganza riusciva a rendere facili anche le giocate più difficili.

Rosato lottava da dieci anni contro il cancro. «I medici – ha ricordato oggi la figlia Carola – non si sarebbero aspettati tanta resistenza. Papà è sempre stato un grande combattente, anche nella vita personale, non solo sul campo di calcio. Prima di essere un grande calciatore è stato un uomo grandissimo». Roberto Rosato lascia tre figli, Carola, la primogenita, Davide e Alessandro, e la moglie Anna. I funerali si terranno in Duomo a Chieri martedì prossimo.

Votato all’annullamento del centravanti avversario, con la maglia del Milan dà vita con Cudicini, Schnellinger, Anquilletti e Trapattoni ad uno dei reparti difensivi rossoneri più forti di tutti i tempi. Diventa ben presto un punto fisso anche in maglia azzurra, regalando una delle sue migliori prestazioni proprio nella sua partita d’esordio nel 1965, il ct è Fabbri che nell’amichevole Germania Ovest – Italia 1-1, dà spazio a Rosato che si guadagna l’appellativo di Martello di Amburgo per la grinta e la determinazione dimostrate in campo. Con l’Italia conquista il titolo di Campione d’Europa nel 1968 e nell’immaginario collettivo è vivo il ricordo di un suo salvataggio sulla linea nella storica semifinale dei Mondiali di Messico ’70 Italia-Germania 4-3.

Cresciuto calcisticamente nel Torino di Nereo Rocco, Rosato fa il suo esordio in serie A proprio con la maglia granata, ma la sua consacrazione e i successi più importanti della sua carriera saranno legati al Milan al club rossonero Rosato passa nel 1966 per 400 milioni: in rossonero Rosato gioca sei stagioni durante le quali vincerà tutto: tre Coppe Italia, uno scudetto, due Coppe delle Coppe, una Coppa dei Campioni e una Coppa Intercontinentale. Qui trova Gianni Rivera, definito il suo «gemello»: i due infatti sono nati lo stesso giorno, mese ed anno, il 18 agosto del 1943. È la stagione 1966-67, sulla panchina milanista c’è Silvestri che ripone in Rosato le speranze per una difesa imbattibile e dopo un inizio non proprio brillante Rosato dà il meglio di sè. Poi l’arrivo di Nereo Rocco e «faccia d’angelo» fa il suo exploit definitivo. Rosato lascia il Milan nel ’73: le ultime quattro stagioni veste la maglia del Genoa. In Nazionale ai mondiali del 1970 è convocato solo come riserva di lusso. Al suo posto c’è Comunardo Niccolai, stopper appena scudettato del Cagliari. Ma Niccolai si infortuna alla vigilia della partita d’esordio con la Svezia lasciando spazio proprio a Rosato. È l’inizio della grande avventura di «faccia d’angelo» protagonista di prestazioni memorabili: fermerà giocatori del calibro di Muller e Pelè.

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