IL FURTO DELLA STELLA 2: Bologna-Genoa 1925, il gol fantasma di Muzzioli

A questo punto rileviamo la dichiarazione rilasciata – al termine dell’incontro – dall’avv. Mauro al cronista de “ La Gazzetta dello Sport”: “In merito al tanto discusso goal di Muzzioli, l’avv. Mauro ci ha dichiarato di non averlo visto entrare. Il pallone ha avuto dei rimbalzi inspiegabili. Comunque lui, arbitro, non lo ha visto entrare […]


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A questo punto rileviamo la dichiarazione rilasciata – al termine dell’incontro – dall’avv. Mauro al cronista de “ La Gazzetta dello Sport”: “In merito al tanto discusso goal di Muzzioli, l’avv. Mauro ci ha dichiarato di non averlo visto entrare. Il pallone ha avuto dei rimbalzi inspiegabili. Comunque lui, arbitro, non lo ha visto entrare in porta, e non avrebbe concesso il goal neppure dietro il parere favorevole del guardalinee. Tenuta presente la sua pregiudiziale sull’irregolarità dell’incontro, ha concesso il punto reclamato da parte del pubblico che aveva invaso il campo, e non ha sospeso la partita per deferenza verso persona facente parte della presidenza federale che l’ha pregato di portare a termine il match “.

L’ultimo passo di quest’intervista (“non ha sospeso … pregato di portare a termine il match “ )  conferma così la dichiarazione di Giovanni De Prà sulla presenza in campo e sul ruolo determinante avuto da Leandro Arpinati sull’avv. Mauro al momento della concessione del gol al Bologna. Giova ricordare che Arpinati era il federale della città di Bologna, il “ Podestà“  dei felsinei ed il capo delle camicie nere emiliane. Aveva un importantissimo incarico nel governo di quel tempo, quello di Sottosegretario al  Ministero degli Interni, la cui posizione gli aveva permesso di essere uno dei principali collaboratori di Benito Mussolini. Egli in quel momento ricopriva già un importante ruolo di dirigente della F.I.G.C., di cui, successivamente, ne divenne anche Presidente.

Da tutte queste testimonianze storiche, scaturisce quindi il seguente quadro:

1) L’avv. Mauro – nonostante la sua pregiudiziale sulle condizioni ambientali – ricevette forti pressioni dagli organizzatori e dai dirigenti della Lega Nord per far disputare regolarmente la finale: cosa che egli cercò di fare con tutto il suo impegno – riuscendovi- fino al 16’ della ripresa.

2) La partita si svolse quindi in maniera assolutamente regolare – come riferiscono tutte le cronache dell’epoca – fino al 16’ del secondo tempo.

3) Al termine dell’azione del contestato gol bolognese di Muzzioli, tutte le cronache dell’epoca testimoniano come l’avv. Mauro fischiò con decisione il corner per la squadra emiliana. L’arbitro stesso – a fine gara –  confermò di non aver visto la rete, che non avrebbe concesso neppure dietro il parere favorevole dei suoi collaboratori.

4) In seguito all’assegnazione del corner, i tifosi e gli squadristi bolognesi, assiepati all’esterno del rettangolo di gioco, invasero il medesimo. Essi circondarono, sballottarono e minacciarono l’arbitro – con a capo Leandro Arpinati – e lo costrinsero a concedere un gol da lui assolutamente non visto, invalidando, di fatto, lo svolgimento di una partita fino a quel momento assolutamente regolare.

5) Soltanto a gara ultimata – dopo aver subito minacce e pressioni dai tifosi e dagli squadristi bolognesi, e dopo essere stato “ pregato “  da Leandro Arpinati di portare a termine l’incontro dopo il primo gol emiliano – l’avv. Mauro asserì di essersi reso  conto delle difficili condizioni ambientali in cui operava, e quindi per questa ragione manifestò la sua opinione sulla necessità di ripetere la partita. Ma se ciò fosse stato vero, egli avrebbe dovuto sospendere subito un match che certamente per lui, fino al momento della rete fantasma di Muzzioli, non si svolgeva “ pro forma “.

A questo proposito, riportiamo una serie di commenti di “ Il Paese Sportivo “:               

“ Si rilevava poi che se era intendimento di Mauro di far annullare il match, egli avrebbe potuto benissimo allontanarsi dal campo al termine dei due tempi regolamentari … Gama ( altro grande arbitro dell’epoca il quale diresse anche la quinta partita a Milano a porte chiuse, e che commentò l’operato del collega Mauro, n.d.r. ) interrogato dopo il match diceva: < Ho l’impressione che il match sia terminato dopo il primo goal del Bologna >. Si ricorda a questo proposito una circolare dell’Aia ( relativa all’art. 18,    n.d.r. ) già a suo tempo criticata. Può darsi che Mauro visto il contegno di alcuni supporters, contegno punto rassicurante, e fiutato l’ambiente abbia concesso il goal col proposito di far annullare poi l’incontro “.

La circolare dell’Aia appena menzionata dal giornale sportivo nazionale, era stata emanata dalla Federazione appena poco tempo prima, e, riferendosi all’art. 18, indicava i comportamenti più idonei della terna arbitrale nell’eventualità di un’invasione di campo dei tifosi di una squadra durante l’incontro. Continuiamo con “ Il Paese Sportivo“ ed i suoi commenti, appena conclusi i tempi regolamentari della partita. Anzitutto prendiamo in esame il pareggio del Bologna, segnato da Pozzi con un’evidente scorrettezza nei confronti di De Prà: “Tutta la folla che si accalcava dietro alla porta si precipitò in campo impadronendosi del giocatore, baciandolo ed abbracciandolo fino a soffocarlo. Occorsero tre minuti buoni per poter sgombrare il campo “. E poi ancora: “ … la forzata concessione del goal lascerebbe già presumere una prevalenza bolognese nell’ambiente del match … “. Queste affermazioni provano una volta di più come attorno al rettangolo di gioco – e nella fattispecie dietro alla porta difesa da De Prà – fossero assiepati solamente supporters di parte bolognese.

Ancora “ Il Paese Sportivo“: “Ma i giocatori rosso-bleu ( il Genoa, che, onorando il titolo di campione d’Italia in carica, indossava la sua classica casacca con distintivo tricolore, n.d.r. ) uscivano dal campo troppo lieti e sorridenti per poter far pensare ad una loro irrimediabile sconfitta. Davano l’impressione di essere sicuri del fatto loro. Alla stazione poi alcuni giuocatori confessavano che non si erano più presentati in campo perché tanto l’arbitro aveva loro garantito che il match sarebbe stato annullato ( in base all’art. 18, n.d.r. ) “. Infatti il giornale in esame sostiene che “ …nel secondo tempo i giocatori ebbero non pochi accenni di violenza. L’arbitro frenò finché poté o finché credette, poi diede l’impressione di lasciare che ognuno pensasse ai casi propri “. Tornando quindi a quanto esposto al punto 5 è tangibilmente dimostrato:                                                                                                                                                                                   a) il doppio tentativo – impedito fisicamente dai tifosi e dagli squadristi emiliani – di sospendere la partita al 16‘ del secondo tempo: se la gara fosse stata considerata “ pro forma “ – fin dall’inizio – dall’arbitro, non sarebbe stato necessario sospenderla.

b) il fatto che l’arbitro portò regolarmente avanti la partita fino al 16’ della ripresa, nonostante egli, prima del fischio d’inizio, avesse manifestato ai due capitani l’intenzione di sospenderla dopo quindici minuti se non fosse arrivata – come in effetti non arrivò – la forza pubblica promessa dagli organizzatori.

c) una partita disputata e considerata “ pro forma “ non sarebbe stata ufficialmente omologata sul due a due. 

d) se l’incontro fosse stato considerato “ pro forma “ fin dall’inizio dall’arbitro – per questioni d’ordine pubblico – i due capitani avrebbero dovuto esserne informati.

e) se l’arbitro avesse considerato chiaramente “ pro forma “ il totale svolgimento della gara, sarebbe stato di facile interpretazione anche il suo referto, per  una rapida decisione del Consiglio della Lega Nord. Questi invece si riunì Sabato 27 giugno 1925 nelle prime ore del pomeriggio, per terminare alle ore 7 del mattino successivo – dopo un’estenuante e sofferta riunione – per deliberare la ripetizione  della partita.

Una conferma sul fatto che l’arbitro avesse esortato il capitano del Genoa di condurre a termine la partita considerandola – da quel momento – irregolare, è implicitamente data dal comportamento dei giocatori in campo, che non protestarono all’assegnazione del primo gol al Bologna e neppure in occasione del pareggio emiliano il quale, come dichiara De Vecchi, capitano del Genoa e della Nazionale, in un’intervista storica, fu anch’esso irregolare:

“Schiavio metteva in rete mentre Pozzi tratteneva per la maglia il nostro portiere: il gol fu concesso ed il pareggio raggiunto dal Bologna“.

Ma una nuova dimostrazione che essi rimasero in campo convinti della vittoria “a tavolino, ” è data dal loro ritiro al termine dei 90’ regolamentari quando invece si dovevano disputare i tempi supplementari. Ecco quanto scrisse “La Gazzetta dello Sport “:  “La decisione di non rientrare in campo per i supplementari era stata presa dai dirigenti in pieno accordo col capitano De Vecchi – del quale ognuno conosce ed ammira l’equilibrio e la serenità sportiva – e costituisce la più tranquillizzante garanzia della ponderatezza del gesto … Il Genoa impugna categoricamente il primo gol bolognese, cui avrebbe partecipato qualche anonimo del pubblico assiepato dietro la rete e che avrebbe in essa introdotto la palla dopo che De Prà l’aveva deviata in corner. Il Genoa si riferisce e richiama in proposito la decisione dell’arbitro che non concesse il goal se non dopo lunghe tergiversazioni e pressioni della folla. Interrogato a partita ultimata l’arbitro dai dirigenti del Genoa, avrebbe riconfermato la sua decisione, che cioè il punto non era valido: motivo per cui i dirigenti stessi, compreso il capitano della squadra, esposero chiaramente il loro punto di vista, che cioè essendo assodata la nullità di un punto essi si ritenevano vincitori, motivo per il quale si rendeva per essi inutile la disputa delle riprese supplementari. Aggiungevano inoltre che essi non intendevano rientrare in campo neppure sotto riserva per non dar luogo ad equivoche interpretazioni. Il Genoa protesta inoltre vivacemente contro il contegno del pubblico e contro il gioco dei bolognesi. Tutto ciò costituisce la base del reclamo assai diffuso inoltrato dal club ligure presso gli enti federali “.

Riportiamo ora un altro commento di “Il Paese sportivo “ del 11.06.25 sempre sul comportamento di Mauro dopo l’incontro: “ … pare che egli intenda piuttosto richiamarsi alla pregiudiziale fatta ante-match, ma noi abbiamo già detto che non può essere sufficiente da sola ad annullare l’esito dell’incontro. D’altronde c’è il ritiro del Genoa che illumina la situazione. De Vecchi non avrebbe ritirato i suoi uomini se avesse dovuto fare assegnamento unicamente sulla pregiudiziale di Mauro. Egli ha potuto quindi contare su qualche dichiarazione assai più precisa, dichiarazione che non può essere se non quella della nullità del goal “.

Che il Genoa fosse sicuro di aver legittimamente vinto la partita per avvenuta invasione di campo, lo testimonia una nota del suo Consiglio Direttivo del 12.06.1925, il quale afferma: “Partita di finale con Bologna: udita la relazione fatta dal dirigente accompagnatore Sig. Oberti, il Consiglio approva la condotta e le determinazioni da esso presa circa il ritiro della squadra e manda un voto di plauso ai giocatori … Il nostro C.D. addita all’ammirazione ed alla gratitudine di tutti i soci e degli sportivi liguri la nostra valorosa prima squadra, la quale dopo la magnifica prova di Domenica scorsa si è chiaramente dimostrata ben degna di fregiarsi anche quest’anno del titolo italiano. Si augura che una serena e giusta deliberazione degli Enti Federali possa sancire quella vittoria che essa ha già in campo validamente conquistata “. 

Il Genoa chiese quindi la legittima applicazione dell’art.18. Vediamo allora come “Paese Sportivo“ dell’11.06.25 tratta l’argomento recitando per intero la normativa: “Qui si cade sotto le precise disposizioni dell’art.18. Dice l’articolo: . E’ evidente quindi che l’arbitro concedendo il goal, sia pure dopo consultazione dei segnalinee ( ricordiamo ancora però quanto Mauro dichiarò alla “ Gazzetta dello Sport “ e cioè che il gol “ non lo avrebbe convalidato neppure dopo il parere favorevole dei segnalinee “, n.d.r. ), e dando allo stesso tempo assicurazione a De Vecchi che il goal non sarebbe stato valido, è venuto implicitamente a dichiarare di averlo concesso dietro pressioni della folla …indubbiamente l’atteggiamento incerto dell’arbitro ha maggiormente complicata una situazione che non era già troppo chiara. Siamo a questo, che la partita non potrebbe essere annullata per la semplice pregiudiziale dell’arbitro non essendo una pregiudiziale di questo genere contemplata in nessun regolamento, mentre la forzata concessione del goal richiederebbe senz’altro l’applicazione dell’art.18 …E siccome per questa forzata concessione del goal il regolamento non prevede altra soluzione che l’applicazione dell’art.18, naturalmente il Genoa avrebbe pieno diritto di reclamare se la Lega Nord si accontentasse semplicemente di annullare la partita “. 

Come già detto, il Consiglio di Lega si riunì il 27.06.1925, e dopo una lunghissima riunione durata un pomeriggio ed una notte intera sanzionò la ripetizione della partita, omologando il due a due ed argomentando le difficili condizioni ambientali in cui si svolse la partita: l’idea proposta dall’avv. Mauro a fine partita – dopo essere stato minacciato in campo e “ pregato “da Leandro Arpinati – fu così accolta; il Genoa venne multato per la mancata disputa dei tempi supplementari, mentre nessuna sanzione fu applicata al Bologna per l’avvenuta invasione di campo.

Riportiamo ora un breve commento de “Il Paese Sportivo del 02.07.25 su questa deliberazione del Consiglio di Lega: “Riteniamo per esempio che per poter risolvere degnamente il non facile problema si sia un po’ calpestato il regolamento. Non si poteva fare altrimenti, d’accordo, ma l’esperienza ormai avrà insegnato a tutti, quindi anche a Mauro, che a certe pregiudiziali non si dovrà più ricorrere per l’avvenire. E’ cosa troppo comoda e si presterebbe a convalidare soprusi ed ingiustizie … Dire a due squadre giunte alla fine di un match duro che la loro fatica è stata perfettamente inutile perché l’incontro non aveva alcun valore ufficiale, può essere considerato, nel migliore dei casi, una beffa bella e buona “. Intanto la stessa testata nazionale di Torino rilevando che “ …è curioso che debba proprio essere lo stesso Ente responsabile a giudicare le conseguenze del mal fatto “, prende anche atto sicuramente che “…la Società che uscirà danneggiata dalla decisione della Lega si appellerà certamente al Consiglio Federale “, a testimonianza del clima in cui la Lega Nord si trovò nel dover sbrogliare una situazione talmente intricata. Ed infatti anche il Consiglio Federale ratificò la decisione della Lega di convalidare il due a due in una gara dove non poteva assolutamente verificarsi l’esito della parità prima dei tempi supplementari, e quindi di disputare ancora una volta la partita.

E’ anche doveroso a questo punto annotare le considerazioni dei giornalisti specializzati dell’epoca, i quali, al di là di ogni controversia sulle normative federali o di qualsiasi oscura influenza politica su quelle finali, rimarcavano come – sul piano puramente sportivo – Bologna e Genoa si dimostrassero due squadre perfettamente equivalenti, senza che l’una riuscisse a prevalere sull’altra nello stretto aspetto tecnico-atletico. Scrive “ Paese Sportivo “ del 06.07.25: “ Le due squadre si equivalgono. Non c’è che la differenza del sistema, ma in fondo esse si trovano su di una stessa linea …una simile equivalenza di forze non si è verificata mai nella storia del football italiano. Le due squadre vantano gli stessi titoli per la vittoria finale, ne sono egualmente degne “.

Giancarlo Rizzoglio

Fine seconda puntata

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