Domani un Goldaniga torna al Ferraris dopo 64 anni

Giacinto Goldaniga giocò nel Genoa del '52-'53 assieme a Becattini


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Oggi raccontiamo una storia di un calcio estinto. Spostiamo le lancette del tempo negli Anni ’50, quando l’Italia lottava per rialzarsi dalle macerie della seconda guerra mondiale, quando l’Italia era un paese orgoglioso e fiero, onesto e ingenuo. Il protagonista è Giacinto Goldaniga, ala mancina che il club più antico del nostro calcio acquistò dall’Atalanta: doveva finire alla Juventus o all’Inter ma Praest e Nyers gli sbarrarono il grande salto.

Pianetagenoa1893.net ha intervistato Francesco Goldaniga, figlio di Giacinto e zio di Edoardo, attuale difensore centrale del Palermo, prossimo avversario del Grifone. «Erano anni in cui i calciatori del Genoa sentivano una sorta di protezione fisica dai propri tifosi: erano prevalentemente dei portuali, degli omoni che durante le uscite notturne, ad esempio, davano sicurezza. Il calcio era diverso, giravano meno soldi: mio padre aveva una gran voglia di giocare ma al Genoa non ha potuto farlo poiché era il periodo nel quale gli italiani avevano un debole per lo straniero».

L’esperienza rossoblù di Giacinto Goldaniga fu breve ma intensa, come ci spiega il figlio: «Gli piaceva il Genoa, a casa ho ancora un gagliardetto, dei quadri di pittori genovesi, un bottiglia di liquore con lo stemma del Grifone. Ricordo ancora quando nel 1980 andammo nel carcere dell’Isola d’Elba: mio papà incontrò un ergastolano tifoso rossoblù e comprò da lui una raccolta di articoli sul Genoa, in quei lavoretti che fanno fare ai detenuti. Aveva molti ricordi di quell’anno passato nel club più antico d’Italia».

Giacinto Goldaniga separava la famiglia dal calcio: «Non ne parlava quasi mai con noi. Al Genoa ha chiuso la sua storia col pallone: un anno prima conobbe a Bergamo mia madre che sposò nel giugno ’53. Mio padre m’ha sempre parlato benissimo della città di Genova, un po’ meno del calcio italiano: non a caso quando smise, ne uscì totalmente dedicandosi all’industria tessile di famiglia».

Di padre in figlio? No, la famiglia Goldaniga è da sempre di stampo sportivo ma Francesco non ha percorso la stessa strada paterna: «Ho praticato l’atletica per molti anni. La nostra peculiarità è la velocità: papà era soprannominato ‘Freccia d’Oro’ ed Edoardo è un difensore che di base ha questa caratteristica. Sta facendo benissimo al Palermo».

Allora, di nonno in nipote, saltando la generazione di mezzo. «Edoardo ha assimilato i racconti del nonno, purtroppo non l’ha mai conosciuto ma ne è orgoglioso poiché con i suoi gol portò il Fanfulla in Serie B. Mio padre ricevette il Palloncino d’Oro dopo aver vinto la classifica cannonieri che ora è di Edoardo come attestato simbolico di famiglia essendo stato il primo nipote a debuttare in Serie A».

Domani, verso le 12:30, questa dolce storia si arricchirà di un nuovo capitolo: «Un Goldaniga tornerà al Ferraris dopo 64 anni, quanto tempo… Allo stadio ci sarà mio fratello, sarà una grande emozione soprattutto per Edoardo che tornerà a calcare il prato che un tempo vide protagonista suo nonno Giacinto». Di mezzo c’è il Genoa, il nonno del calcio italiano, quello che ha tenuto a battesimo tutti gli altri club sorti dopo la sua fondazione. La storia di Giacinto Goldaniga è ancora narrata dopo oltre mezzo secolo, nonostante tre sole presenze: è l’immortalità rossoblù. Non è forse questa la forza del Genoa?

Alessandro Legnazzi

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