Derby alle 12: la moneta sonante mette da parte il bistrattato buon senso

“Buonsènso o buon senso: Capacità naturale, istintiva, di giudicare rettamente, soprattutto in vista delle necessità pratiche”. Il vocabolario Treccani definisce in questo modo l’attitudine che sembra aver abbandonato per i più svariati motivi le coscienze dei vertici del calcio italiano. E non solo. Come noto, è il derby della Lanterna (numero 108) a tenere banco nella Genova […]


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“Buonsènso o buon senso: Capacità naturale, istintiva, di giudicare rettamente, soprattutto in vista delle necessità pratiche”. Il vocabolario Treccani definisce in questo modo l’attitudine che sembra aver abbandonato per i più svariati motivi le coscienze dei vertici del calcio italiano. E non solo.

Come noto, è il derby della Lanterna (numero 108) a tenere banco nella Genova del pallone. Purtroppo, non per le questioni tecniche o folkloristiche che hanno sempre animato l’atmosfera calcistica respirabile nelle strade della Superba. Il motivo del contendere questa volta unisce le tifoserie di Genoa e Sampdoria contro un nemico comune. O un Comune nemico, fate voi. L’inedito orario delle 12:30 programmato per la stracittadina genovese non poteva certamente trovare terreno fertile nella rigorosa lotta per la supremazia territoriale tra rossoblucerchiati.

Partiamo da questo presupposto: fissare una partita all’ora di pranzo è di per sé una forzatura per spettatori, squadre e addetti ai lavori.

Assodato il concetto, stabilire lo scomodo orario per un incontro importante (e spettacolare, almeno nel contorno) sarebbe davvero imprudente quanto tafazziano. L’equivoco parte da qui: si è mai visto un Juventus – Inter alle 12:30? No, per fortuna. Il derby d’Italia, partita di cartello del campionato (fino a non molto tempo fa), è stato giustamente programmato come appuntamento serale. Proprio nella stessa giornata di Genoa – Sampdoria, sacrificata in nome del “Dio Denaro” per essere diffusa in tutto il mondo e in particolare per il pubblico asiatico che per ragioni di fuso orario potrà godersi lo spettacolo in prima serata. Il tutto a discapito logistico, e diciamolo, tradizionale, per i fruitori italiani. E genovesi.

Ad aggravare la già irritante decisione della Lega Calcio, si aggiunge la nota questione della contemporaneità della Fiera di Sant’Agata, tipica ricorrenza genovese che coinvolgerà le strade (e il traffico) dei quartieri di San Fruttuoso e Marassi. L’addizione “Fiera + derby” non può che portare matematicamente al risultato del “caos cittadino”.

Tutto questo mentre la famiglia Xi che abita nel quartiere Chongwen di Pechino può accomodarsi sul divano a godersi le sportellate di Portanova e Gastaldello, le giocate di Bertolacci ed Obiang e le conclusioni di Gilardino e Gabbiadini. E il Comune di Genova cosa può fare in tutto questo? Niente, ora. Prima, forse, si sarebbe dovuta mettere in guardia la Lega Calcio, una volta conosciuti i calendari.

In queste ore voci provenienti da Tursi hanno rimbalzato le responsabilità alla Prefettura che, a sua volta, ha rimesso la patata bollente nella mani della Lega Calcio, occupata però a tenerle in tasca per contare i fondi provenienti dai mercati asiatici.

La moneta sonante mette da parte il bistrattato buon senso. Con buona pace della trenetta al pesto consumata alla veloce prima della partita. Tra un acceso contrasto a centrocampo e un ribaltamento di fronte, il 2 febbraio si dovrà far attenzione a non farsi andare tutto per traverso. E a non tifare con la bocca piena.

Daniele Zanardi

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