Nel 2003 il Genoa surclassa il Cosenza e nel 1925 pareggia con il Bologna

Nel 2003 il Genoa surclassa il Cosenza per 3 reti a 0. Quell’anno il Genoa aveva toccato il fondo, la crisi societaria non lasciava speranze e la squadra ne risentì drammaticamente. Arrivarono sconfitte a ripetizione, anche gli arbitri infierirono, ben sapendo che una dirigenza debole poteva fare poco o nulla. I giocatori erano demoralizzati e […]


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Nel 2003 il Genoa surclassa il Cosenza per 3 reti a 0. Quell’anno il Genoa aveva toccato il fondo, la crisi societaria non lasciava speranze e la squadra ne risentì drammaticamente. Arrivarono sconfitte a ripetizione, anche gli arbitri infierirono, ben sapendo che una dirigenza debole poteva fare poco o nulla. I giocatori erano demoralizzati e diedero l’impressione di non impegnarsi abbastanza o di essere rassegnati al peggio. Per mesi i tifosi avevano sopportato questa situazione sperando in un cambiamento, in un’inversione di risultati. Non più disposti a fare sconti, chiesero l’affidamento della maglia ai ragazzi della Primavera per le ultime partite da giocare. La posizione in classifica era delle peggiori e si stava andando verso la retrocessione, ma in quel momento i risultati passarono in seconda linea: era in gioco lo spirito della squadra e la tifoseria volle dare un segnale forte. Non importava tanto perdere, ma importava lo spirito con cui si stava in campo. Più ancora della salvezza, ai genoani interessava ritrovare l’orgoglio di una squadra capace di lottare per novanta minuti senza arrendersi mai; chiunque indossi la maglia del Genoa deve mostrare carattere e impegno senza risparmio, indipendentemente dal bagaglio tecnico posseduto e i ragazzi della Primavera, con il loro entusiasmo, con la voglia di combattere, di correre, di impegnarsi potevano onorare la maglia. Infatti, i giovani rossoblu non deludono e contro il Cosenza vincono per 3 a 0, con reti di Basso (10′), Boisfer (86′) e Rinaldi (89′). Il Genoa era tornato sulla strada giusta, i risultati sarebbero arrivati in seguito. Quella fu la partita della svolta in quanto costituì non solo l’esordio in maglia rossoblu a soli 16 anni di Domenico Criscito, ma contribuì anche a conquistare il futuro presidente Enrico Preziosi: infatti, da abile imprenditore, quella sera intuì che il Genoa era qualcosa di speciale. Alla fine cederà alla tentazione, verrà accolto dai genoani come il presidente della rinascita e festeggiato in una notte d’estate con un bagno collettivo nella vasca di piazza De Ferrari, da dove uscirà inzuppato e scalzo, per recarsi nella sede del Genoa in via Garibaldi passando per i carruggi del Centro Storico, con un seguito di tifosi finalmente col sorriso.                                           Settantotto anni prima, il Genoa pareggia con il Bologna. Dopo aver vinto a Bologna e perso in casa la doppia finale della Lega Nord con i rossoblu petroniani, il Genoa si trovò ad affrontare lo spareggio ignaro di cosa lo aspetti. I giocatori rossoblu scesero sul campo neutro di Milano in viale Lombardia decisi a portarsi a casa la vittoria, il campionato e la prima stella sulla maglia. La squadra era composta da tutti genovesi e genoani che parlavano dialetto. Lo stadio era gremito di tifosi arrivati da Genova e Bologna in quantità superiore al previsto, ai quali si aggiunsero gli appassionati di calcio milanesi, attratti da una partita che non a caso farà epoca. Il Genoa, avvolta nel mito dei pioneri e forte dei nove campionati vinti, era la squadra più celebre d’Italia, mentre il Bologna era la squadra emergente che voleva conquistare una posizione di primato. Più che una semplice partita di calcio era anche uno scontro tra due culture calcistiche che esprimevano due mondi diversi tra loro: la scuola inglese rappesentata da Mr. Garbutt, con gioco aggressivo, ad ampio respiro e votato all’attacco e quella danubiana di Felsner, allenatore del Bologna, espressione della cultura mitteleuropea, caratterizzata da un gioco classico e armonioso. Tuttavia i petroniani quel giorno avevano una freccia in più al proprio arco, gli squadristi: dato che la folla superava il numero massimo di spettatori, gli squadristi al seguito del Bologna nel parterre sfondarono la rete di cinta, entrarono o in campo sistemandosi lungo la linea laterale e dietro le porte, armati di pistole e randelli. Visto che mancava il servizio di sicurezza, l’arbitro Mauro non volle far giocare, ma in seguito decise di iniziare lo stesso la partita. Le cronache riferiscono di decine e decine di tifosi e squadristi bolognesi dietro le porte, persino appoggiati ai pali. Quando l’incontro ha inizio, al Genoa bastano poco più di dieci minuti per essere già in vantaggio, con un’azione da manuale: da Scarpini a Santamaria a Neri, con massima velocità d’esecuzione per sorprendere la difesa avversaria. Il Bologna è preso scoperto, cross immediato di Neri, entra Catto e palla nel sacco. Entusiasmo a mille e momenti d’euforia incontrollata per i tifosi rossoblu che debordano verso il campo da gioco. Il Genoa non molla la presa, il Bologna è alle corde e non riesce ad uscire dall’angolo. La stella dei dieci campionati sembra ai tifosi già mezza cucita sulla maglia quando, alla fine del primo tempo il Genoa va al raddoppio con Alberti pronto a girare in porta una combinazione Moruzzi-Catto. Con due reti di vantaggio e soli 45 minuti da giocare il più sembra fatto. Ma a mezz’ora dalla fine, col puntreggio sempre a favore della squadra rossoblu, Muzzioli scatta nella posizione d’ala e col pallone incollato al piede si presenta solo in area di rigore genoana. Momento di panico per i tifosi, ma quando parte il tiro, la palla finisce fuori. L’arbitro assegna il corner ma, improvvisamente, la palla appare dentro la porta di De Prà. Non è gol, probabilmente è opera degli squadristi del Bologna che stazionavano dietro la porta del Genoa. Anche l’arbitro dichiara di non aver visto la palla entrare dentro ma i tifosi bolognesi sono padroni del campo e non vogliono sentire ragioni. Alla fine, l’arbitro Mauro, a cui manca il coraggio di applicare il regolamento perchè spaventato dall’esuberanza dei bolognesi, concede il gol. Prima di far riprendere il gioco, Mauro rassicura De Vecchi dicendogli che per lui la partita è finita e che il Genoa avrà riconosciuta la vittoria con l’applicazione dell’articolo 50. Per il Bologna invece la partita continua e alla ripresa attaccano alla ricerca del pareggio, ottenendolo con Schiavo, grazie alla compiacenza dell’arbitro che non punisce una trattenuta di Pozzi a De Prà che stava per apprestarsi alla parata. La partita finisce sul 2 a 2, ma non verranno giocati i tempi supplementari perchè il Genoa, forte della dichiarazione fatta da Mauro a De Vecchi, rifiuta di giocarli. Tuttavia Mauro cambierà versione e dirà che la partita è da ripetere perchè giocata in condizioni non regolamentari, anche se fu proprio lui stesso a permetterlo. Il Genoa alla fine dovrà accettare di rifare la partita in campo neutro questa volta a Torino. Quella partita finirà in pareggio 1 a 1 ma alla stazione del treno dai tifosi bolognesi partiranno molti colpi di pistola contro i genoani, e solo per sorte non ci scapperà il morto. A quel punto i dirigenti genoani capirono che la situazione non è più sotto controllo e, di fronte al rischio dell’incolumità personale, dichiararono di rifiutarsi di giocare ancora, salvo che non vengano puniti i responsabli della sparatoria. Invece di far ciò, Roma provvide ad emanare un ordine secondo il quale se il Genoa si fosse rifiutato di giocare, sarebbe stato radiato. Genoa e Bologna vennero convocate in tutta segretezza a Milano l’8 agosto. Ma ormai i giocatori avevano capito in che modo doveva finire quel campionato: il Bologna vincerà al termine di una lunga sequenza di spareggi. Tutto questo non deve però sminuire i meriti del Bologna, solo che in quel momento il Genoa era più forte e ha dovuto cedere a una truffa politico-sportiva costata il sogno di una stella. Una truffa che lascerà un segno indelebile non solo nella tifoseria genoana, ma in tutto il mondo dello sport, come testimonierà, a ottantatrè anni di distanza, il giornale inglese ‘The Guardian’, collocando al primo posto nell’elenco delle più grandi truffe di tutti i tempi nella storia del calcio mondiale proprio quello scudetto sottratto al Grifone dal Bologna nel lontano 1925.

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