Nel 1968 il Genoa batte il Venezia per 2 reti a 1

Nel 1968 il Genoa batte il Venezia a Bergamo per 2 reti a 1. All’epoca il Genoa era al terzo anno consecutivo di serie B e stava lottando per non retrocedere. Ciò non era mai accaduto prima ed era il simbolo evidente di una decadenza che aveva radici profonde in una crisi societaria che durava […]


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Nel 1968 il Genoa batte il Venezia a Bergamo per 2 reti a 1. All’epoca il Genoa era al terzo anno consecutivo di serie B e stava lottando per non retrocedere. Ciò non era mai accaduto prima ed era il simbolo evidente di una decadenza che aveva radici profonde in una crisi societaria che durava dal dopoguerra. Il Genoa stava vivevendo solo grazie alla passione dei suoi tifosi: più la Società andava male più i tifosi si stringevano intorno alla bandiera. Già nel 1959, a fronte di un campionato che si preannunciava distastroso,un gruppo di supporters frequentatori dell’American bar di via San Vincenzo aveva deciso di fondare un club dei tifosi del Genoa, ufficializzato pochi anni dopo nel mitico ‘Little Club’ e, nel giro di poco tempo, nacquero Genoa Club uno dopo l’altro, al punto da rendere necessario un organismo di gestione che prenderà corpo col nome di ‘Coordinamento dei Club’. Era un’onda rossoblu che nessuno poté fermare, sostenuta da una passione che non conosceva limiti. E fu proprio la passione dei tifosi a salvare la squadra dalla retrocessione alla fine del campionato 1967/68, quando il Genoa rimase coinvolto, con altre quattro squadre, negli spareggi per non finire in serie C. Un’appendice al campionato terribile, che portò la squadra a giocare in giro per l’Italia partite da ultima spiaggia, con i tifosi impegnati a seguirla in modo massiccio su tutti i campi, nonostante gli incontri fossero giocati di giorno feriale, o ad ascoltare le radiocronache da un altoparlante di fortuna, installato presso i locali del ‘Secolo XIX’ in piazza De Ferrari. A Bergamo, dove il Genoa affrontò il Venezia in uno scontro decisivo su campo neutro, furono almeno 3mila i genoani presenti al seguito della squadra. La partita si disputò di giorno feriale e molti dei tifosi lasciarono il lavoro per il Genoa, servendosi di ogni espediente e di ogni mezzo di trasporto. Quel giorno allo stadio il tifo era tutto rossoblu, la giornata era caldissima ma i tifosi preferirono i bagni di sudore ai bagni di mare, per far sentire ai giocatori tutta la loro infinita passione per una maglia che non sarà mai sola. Le squadre inziano molto guardinghe, ma alla mezz’ora Dori porta il Venezia in vantaggio. Il Genoa precipita nel dramma, ma corrono subito in suo aiuto i tifosi: quelli assiepati nella tribuna scatenano un tifo d’inferno, quelli del parterre si attaccano alla rete di cinta urlando tutta la loro passione nelle orecchie dei giocatori. L’effetto è immediato, la squadra reagisce e mette in difficoltà la difesa del Venezia, costringendola al rigore dopo soli tre minuti. L’impressione è che tra i giocatori rossoblu nessuno se la senta di farsi avanti per calciare la massima punizione. Poi spunta Locatelli, il più esperto ma anche quello dotato di più classe, che con molta flemma si avvicina al dischetto. Il momento è di quelli che si ricordano per tutta la vita e il cuore è appeso a un filo; il fischio dell’arbitro Monti di Ancona echeggia nel silenzio assoluto nello stadio. Locatelli si muove lento, non si capisce dove stia guardando, poi finalmente si decide a calciare: non è un tiro forte e il tempo impiegato dal pallone per giungere in porta ai tifosi in ansia sembra un’eternità. La palla, coi giri contati, s’insacca a destra, proprio dove c’è il palo e dove non può arrivare la mano tesa del portiere. Su questo episodio ruota la partita e il destino del Genoa; gli avvesari ormai avevano dato tutto, il caldo terribile gli aveva stroncato quasi tutti. Anche quelli del Genoa sono sfiancati,ma psicologicamente sono tenuti in vita dal grande tifo al loro seguito, che supera sè stesso, meravigliando perfino quei pochi tifosi dell’Atalanta che venuti a vedere questa partita drammatica. Concluso il primo tempo sull’1 a 1, il Genoa nella ripresa riesce a non correre più gravi rischi, cerca di attaccare per vincere la partita, ma fare scatti è sempre più difficile mano a mano che il tempo passa e la stanchezza taglia le gambe. Ci riuscirà miracolosamente Petroni che, non più di primo pelo, si presenta improvvisamente solo davanti a Vincenzi: quest’ultimo esce, Petroni tira e lo prende in pieno, poi sullo slancio finisce contro il portiere stesso e perde l’equilibrio. Mentre la delusione sta già impadronendosi dei tifosi, la palla, nel contatto col portiere avversario, si alza a candela, compie una beffarda traiettoria e ridiscende giusto sulla testa di Petroni che sta cadendo in avanti. Non si capisce se è la palla a colpire la testa di Petroni o se è il giocatore che la colpisce con un colpo di reni; la cosa certa è che il pallone, dopo l’impatto, si avvia verso la porta incustodita ed entra lentamente, lasciando ai tifosi il piacere sottile di gustarsi la scena. Mancano tredici minuti alla fine e il Grifone è salvo. Al fischio finale l’entusiasmo dei tifosi si scatena in una festa di popolo: bandiere, drappi, sombreri, tutto è rossoblu, in un trionfo di colore e di gioia genuina, mentre a De Ferrari si festeggia sventolando bandiere e buttandosi nella grande vasca della piazza. 

 

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