Nel 1966 il Genoa pareggia con il Livorno durante un incontro in serie B. Il Livorno non ha ambizioni di promozione, il Genoa invece sì, ma finora non è riuscito a raggiungere le prime posizioni.
Ci vorrebbe una vittoria e così, per l’occasione, cinquemila tifosi genoani invasero la città toscana, riempendo festosamente strade e piazze, bar e ristoranti, sventolando bandiere rossoblu.
I tifosi del Livorno sentono molto la partita: nonostante la B, il Genoa ha un blasone che fa notizia e la gente del posto è eccitata. Per il Genoa scesero in campo Di Vincenzo, Ranzani, Vanara, Baveni, Bassi, Rivara, Brambilla, Zigoni, Koelbl, Bicicli, Locatelli.
L’aria è elettrica e basta un niente per far degenerare uno sfottò in un litigio: allo stadio cinquemila genoani tengono testa a ventimila livornesi i quali, per zittire gli avversari, scandiscono con forza lo slogan “Qui si picchia!”. Ma i genoani non si spaventano e rispondono con l’urlo di battaglia: “Ge-nua! Ge-nua!”, prendendo il sopravvento nella guerra del tifo.
In questo clima, con le tifoserie che sottolineano con boati che rintronano in tutto lo stadio ogni azione pericolosa da una parte e dall’altra, accade proprio che, allo scadere del primo tempo, Bicicli vada in goal: si scatena così l’entusiasmo dei supporter rossoblu che vedono realistico l’aggancio con le prime in classifica.
Il secondo tempo inizia con il Livorno all’attacco e il Genoa che si difende ordinatamente senza correre pericoli. I minuti scorrono troppo lenti per i genoani e troppo rapidi per quelli locali, ma a 18′ dalla fine Cella, con un tiro al volo da posizione centrale al limite dell’area, infila la porta di Di Vincenzo. E’ il finimondo: i tifosi livornesi si scatenano, attaccando in massa i genoani, cercando di strappare loro sciarpe e bandiere e pestando quelli che reagiscono.
Per fortuna, proprio nel momento di maggior tensione, con la rissa che si sente nell’aria pronta a scoppiare, il gioco riprende, richiamando su di sé l’attenzione dei tifosi.
Per i giocatori in campo la partita finisce praticamente lì, mentre per i tifosi genoani, arrivato il triplice fischio che sancisce l’1 a 1, inizia il calvario in vista del viaggio di ritorno: bisogna infatti raggiungere a piedi i pullman o arrivare in qualche modo alla stazione, e c’è addirittura il timore che la parlata genovese tradisca. I genoani non si possono nemmeno consolare col punticino preso, perché lascia le cose com’erano prima dell’incontro e cioè non bene per il Genoa.