Nel 1955 il Genoa batte l’Inter per 4-3

Nel 1955 il Genoa batte l’Inter 4-3. Il 25 dicembre del ’55 lo stadio Luigi Ferraris era pieno di tifosi che avevano rinunciato al pranzo di Natale per il Genoa. Quel giorno si giocava contro l’Inter, il terreno di gioco era pesante e il vento soffiava a folate. Per l’occasione i nerazzurri decisero di schierare […]


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Nel 1955 il Genoa batte l’Inter 4-3. Il 25 dicembre del ’55 lo stadio Luigi Ferraris era pieno di tifosi che avevano rinunciato al pranzo di Natale per il Genoa. Quel giorno si giocava contro l’Inter, il terreno di gioco era pesante e il vento soffiava a folate. Per l’occasione i nerazzurri decisero di schierare per la prima volta il fuoriclasse svizzero Vonlanthen, fino ad allora rimasto bloccato per questioni burocratiche. Quest’ultimo era stato uno dei protagonisti della clamorosa eliminazione dell’Italia da parte della Svizzera ai mondiali del ’54 e c’era molta attesa di vederlo all’opera. Il primo gol della partita nasce da un tiro sbagliato proprio di Vonlanthen: Skoglund, attento e pronto, con un preciso colpo di testa corregge la traiettoria del pallone e lo manda a rete, senza che Gandolfi possa fare qualcosa. Tuttavia il Genoa non si perde d’animo e, al 34′, pareggia col giovane Corso. Il primo tempo si chiude così sull’1 a 1, ma sarà il secondo tempo ad offrire colpi di scena sconsigliati ai deboli di cuore. In soli venti minuti, il Genoa incassa altre due reti, per opera di Nesti e di Vonlanthen a va sull’1 a 3. Il Grifone non si rassegna e, subìto il terzo gol durante il 62′ di gioco, si riversa in avanti e aggredisce l’Inter, che forse crede erroneamente di avere il risultato in tasca. La squadra rossoblu continua ad attaccare in massa, avanzando anche i mediani e costringendo le mezze ali nerazzurre a ripiegare e a lasciare isolati gli attaccanti. L’Inter si trova così spaccata in due tronconi, mentre il Genoa, disposto secondo il classico ‘sistema’ senza particolari accorgimenti a protezione della difesa, grazie alla gran corsa dei suoi giovani e al senso della posizione degli anziani fuoriclasse, riesce a tenere bene le distanze in campo, apparendo così come un corpo unico, compatto, padrone del terreno di gioco. Scende a folate, all’inglese, un’azione dopo l’altra, con aperture sulle ali e cross al centro. I tifosi, vedendo la squadra reagire in modo così determinato, si scantenano sottolineando ogni attacco e trasformando il Ferraris in una bolgia come nelle grandi occasioni. Il tifo eccheggia nello stadio e stordisce i giocatori interisti, che iniziano a fare interventi al limite del regolamento e anche oltre, finchè Delfino, partito dalle retrovie, entra in area in posizione pericolosa per il tiro a rete e Invernizzi lo stende. Rigore da manuale: Frizzi, infallibile rigorista rossoblu, prende il pallone e comincia a lavorarsi Ghezzi, cercando la guerra dei nervi. Il portiere nerazzurro, detto il ‘kamikaze’ per l’ardimento delle sue uscite a valanga, é il numero uno dell’Inter e della nazionale, ma Frizzi è un maestro della suspense, capace di tenere tutti col fiato sospeso. Con calma deposita il pallone sul dischetto, poi al fischio dell’arbitro Jonni di Macerata, inizia la rincorsa con finta, ma arrivato sul pallone si ferma di colpo e non tira, mentre Ghezzi, abboccando la finta, si era spostato a sinistra. Intanto dietro lui la Nord sta bollendo, i tifosi in gradinata saltano e urlano e quelli del parterre dietro la porta sono minacciosamente attaccati alle reti di cinta. A Ghezzi sembra di averli tutti sulle spalle mentre sta tornando precipitosamente a centro porta, ma in quel preciso momento Frizzi calcia il pallone proprio alla sinistra del portiere precedendolo in contropiede a infilando il pallone del 2 a 3 che riapre la partita. Un boato immane fa vibrare le antiche srutture del vecchio Ferraris e per gli avversari inizia un calvario terribile. Sullo slancio, il Genoa approfitta del colpo psicologico ricevuto dai giocatori dell’Inter e Carapellese e Frizzi, due ali pericolosissime perchè capaci sia di andare al cross da fondocampo che di stringere per tirare a rete, diventano imprendibili. Il pallone è sempre nella metà campo dell’Inter e, inevitabilmente, nel giro di cinque minuti arriva il pareggio che fa esplodere il tifo genoano: merito ancora di Frizzi che sguscia in area tra i difensori avversari e infila, al 68′, la sfera in rete con una fucilata delle sue all’incrocio dei pali alla destra di Ghezzi, proteso in un volo disperato. Sul pareggio la partita ha un attimo di respiro, ma non è ancora finita: ben presto i tifosi sugli spalti si accorgono che i giocatori in maglia rossoblu vogliono la vittoria e non credono ai loro occhi. Il tifo si fa più incandescente, tutti capiscono che ormai l’Inter cerca di salvare il salvabile e portare a casa il pareggio: per oltre un’ora ha avuto saldamente la partita in mano, ma adesso non riesce più ad attaccare. I difensori nerazzurri rinviano i palloni a casaccio invece di cercare d’impostare l’azione e così la palla torna subito nei piedi dei giocatori rossoblu che ricominciano l’attacco. Sembra che l’unica preoccupazione dei nerazzurri sia quella di buttare il pallone più lontano possibile nella speranza d’impedire ai genoani di metter piede dove la terra scotta. Ma più s’avvicina il 90′ e più il Genoa conquista terreno, fino a quando a pochi minuti dalla fine, tutti vedono l’Inter incapace di uscire dalla propria area di rigore, sfiancata dalle folate rossoblu e stordita da un tifo al calor bianco. E così, all’88’, tocca a Carapellese, all’altezza del dischetto, insaccare rabbiosamente il gol della vittoria con un forte tiro a fil di palo, rubando il tempo ai difensori. Ghezzi questa volta non si muove nemmeno, si limita a guardare quell’imprendibile pallone del fantastico 4 a 3 che sanziona, sotto una Nord impazzita di felicità, quella che  è la più spettacolosa ed entusiasmante rimonta del Genoa del dopoguerra. Una rimonta che ricorda quella del ’42 sul campo del Liguria a Cornigliano, quando anche in quella circostanza la squadra rossoblu era passata nel secondo tempo dall’1 a 3 al 4 a 3. Quando l’arbitro fischia la fine delle ostilità, si sprecano gli abbracci tra i giocatori in campo e tra i tifosi sugli spalti. Questo è il Genoa più amato dai genoani: vibrante, indomito, capace di dare fortissime emozioni fino all’ultimo minuto, un Genoa forse povero di talenti ma ricco nello spirito antico che innamora da sempre i suoi appassionati tifosi. 

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