Nel 1930 il Genoa supera il Bologna, nel 1947 vince sulla Sampdoria e nel 1969 incontra il Cesena

Nel 1930 il Genoa supera il Bologna per 3 reti a 1. Per gli amanti del bel gioco e soprattutto per tifosi genoani il 14 novembre 1930 fu una data storica: Gullermo Stabile, il capocannoniere del primo Mondiale di calcio giocato in Uruguay arrivò a Genova (a Ponte dei Mille) sul lussuoso transatlantico ‘Conte Rosso’. […]


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Nel 1930 il Genoa supera il Bologna per 3 reti a 1. Per gli amanti del bel gioco e soprattutto per tifosi genoani il 14 novembre 1930 fu una data storica: Gullermo Stabile, il capocannoniere del primo Mondiale di calcio giocato in Uruguay arrivò a Genova (a Ponte dei Mille) sul lussuoso transatlantico ‘Conte Rosso’. La fama di Stabile era arrivata ovunque, tutti volevano ‘el Filtrador’, il centravanti capace di penetrare in tutte le difese. Anche la Juventus lo volle, ma il Genoa riuscì a battere tutta la concorrenza. Quando il ‘Conte Rosso’ entrò nel porto le sirene delle navi suonarono in segno di benvenuto e un numero enorme di supporters rossoblu assistette all’evento. Un simile fatto non si era mai verificato prima per un giocatore di calcio: Stabile era un nome capace di sollevare entusiasmi senza fine, al punto che nacquero persino delle squadre dilettanti col suo nome. Per i genoani, Stabile rappresentava il condottiero in grado di realizzare il sogno di rinascita dopo la ferita, mai rimarginata, patita col Bologna cinque anni prima. Stabile, che si allenò durante il viaggio in nave, ripagò tanto entusiasmo scendendo subito in campo dopo soli due giorni dall’arrivo per affrontare, ironia della sorte, proprio il Bologna. La partita del 16 novembre sarà un trionfo. Lo stadio di Marassi straripava di tifosi, nessuno volle perdere l’evento e nei presenti vi fu la convinzione di assistere a qualcosa di storico, destinato a rimanere scolpito per sempre nella memoria. L’arbitro Mattea di Casale fischia l’inizio delle ostilità e la palla comincia a rotolare, tutti gli occhi sono per lui, ‘el Filtrador’ e non delude: scatta, tira, fa assist, arretra in fase difensiva per impostare l’azione, poi si fa trovare pronto in area per chiudere i triangoli. Il suo piede è felpato, il suo passo morbido e sornione. La leggenda vuole che la sua celebre finta, quella che gli permette di entrare in tutte le difese, sia stata da lui elaborata da un passo di tango. Alla mezz’ora arriva il gol ed è un gol di Stabile. Tifosi in delirio, il fuoriclasse uruguagio viene acclamato come un vincitore, è a Genova da tre giorni ed è già un idolo. Si va al riposo con i rossoblu in vantaggio ed è una bella soddisfazione visto che a farne le spese è il rivale storico Bologna. Inizia il secondo tempo, la lancetta dei secondi non ha ancora fatto un giro intero che Stabile va di nuovo in rete: siamo al trionfo, Marassi espolde, nessuno immaginava neanche lontanamente un esordio così. Stile e tecnica convivono nel ‘Filtrador’ in modo equilibrato, il suo controllo di palla è completo, il che gli permette di giocare a testa alta e di guardarsi intorno per intuire il possibile sviluppo dell’azione. Fa reparto da solo, è un ‘hombre-orchestra’, come in Argentina chiamano gli attaccanti capaci di far girare tutto l’attacco e al momento guisto di trovarsi all’appuntamento col gol.  A venti minuti dalla fine mette a segno la terza stoccata e il suo esordio si trasforma in leggenda. Intere generazioni cresceranno col mito di Stabile, capace di segnare ben tre reti al grande Bologna due giorni dopo il suo arrivo. Il giornalista e scrittore Edilio Pesce lo qualificherà come il primo giocatore sudamericano da leggenda che abbia vestito la maglia rossoblu. Dopo la generazione dei genoani cresciuta calcisticamente con i De Prà e i De Vecchi, ne nascerà una nuova, quella dei genoani che hanno  visto Stabile, il ‘Campione venuto dal mare’. Diciassette anni dopo, il Genoa vince sulla Sampdoria. Al terzo campionato dopo la fine della guerra, il Genoa si ritrovò con un patrimonio sportivo da ‘grande’ del calcio, ma senza la possibilità economiche di fare grossi investimenti. La squadra era buona, ma non abbastanza per puntare al primato. Arrivò il derby e lo stadio si riempì di tifosi delle due rivali, con i genoani più numerosi e con la voglia di rivincita dopo la doppia sconfitta dell’anno precedente. Così stanno le cose quando Agnolin di Bassano del Grappa fischia l’inizio dell’incontro. Il Genoa, che ha tre punti in più della Sampdoria, inizia guardingo, lasciando l’iniziativa agli avversari, che ne approfittano andando in vantaggio al 9′. La Samp non spinge per dare forza al ko e il Genoa si riprende, Formentin va pericolosamente a tiro, ma Gramaglia arretrato fin nella propria area di rigore contrae in angolo, poi Bergamo servito da Trevisani calcia da fuori area e sorvola la traversa. Il gol sta maturando ma tarda ad arrivare: la spinta del Genoa è ininterrotta, i blucerchiati sono alle corde ma resistono. Formetin coglie l’incrocio dei pali e Trevisani tira sull’esterno della rete con Lusetti battuto. Quasi gol e il tempo finisce sull’1 a 0 per la Sampdoria. Nella ripresa ricomincia l’assedio del Grifone e la Doria fa muro davanti a Lusetti. La lotta è senza esclusione di colpi, i giocatori più tecnici devono lasciare la scena ai combattenti. La rivale non riesce più ad arrivare al tiro, le sue azioni sono interrotte sulla tre quarti genoana da un Genoa votato all’attacco. Cattani e Bergamo sono inesauribili nel riproporre un’azione dopo l’altra, finchè al quarto d’ora Verdeal dal limite dell’area, quando tutti si aspettano un passaggio smarcante, tira invece secco e preciso. Al portiere doriano non resta che raccolgliere la palla in fondo sacco: 1 a 1. E’ quello che aspettavano i tifosi sugli spalti, il Ferraris diventa incandescente e ai genoani non basta il pareggio. A dieci minuti dalla fine, la porta del Doria é sotto assedio, ai giocatori blucerchiati cominciano ad annebbiarsi le idee, rinviano il pallone a casaccio e non riescono a costruire l’azione. E’ il segnale che la resa è vicina, il Genoa è padrone del campo e sull’ennesima azione in attacco Formentin tira e coglie il palo. La palla torna in campo, Dalla Torre si avventa e spara a colpo sicuro, ma sulla linea respinge Zorzi, riprende Trevisani nuovo tiro e questa volta è Barsanti a respingere. La palla non vuole entrare, ma il Genoa non desiste, spinto da una tifoseria che vuole la vittoria ad ogni costo e che si sente protagonista in sintonia con i giocatori in campo, come fosse il dodicesimo. Verdeal orchestra l’arrembaggio e a cinque minuti dalla fine smarca Brighenti che è rapido a lanciare di prima Dalla Torre, il quale salta Borrini e crossa perfettamente per Trevisani pronto a fulminare Lusetti con un proiettile nel sette alla destra del portiere: gol da cineteca, di quelli che fanno venire giù gli stadi dall’entusiasmo. Il Genoa ribalta così il risultato e vince la partita con due gol fatti da Verdeal e Trevisani ma firmati dai tifosi.

Nel 1969 il Genoa incontra il Cesena. Classica partita da vincere a tutti i costi: il Genoa era in piena zona retrocessione, in quel campionato aveva iniziato male e proseguito peggio ed era a rischio di serie C. Era l’anno dell’ennesimo allenatore giovane pieno di entusiasmo ma inesperto e degli incidenti gravi a Mascheroni e Maurizio Turone, ai quali erano legate le speranze di un buon rendimento in classifica. I tifosi erano esasperati e vissero ogni partita come un incubo: il gol sembrava un oggetto misterioso, non s’era mai vista tanta difficoltà per arrivare a tirare in porta. L’incontro con una squadra modesta come il Catania venne vista come un’opportunità da sfruttare assolutamente per tornare alla vittoria. Tuttavia la sorte si accanì contro il vecchio Grifo: neanche il tempo che Possagno di Treviso dia il fischio d’inizio che il Cesena con Ferrario trova subito il gol. Sul Ferraris cala ancora una volta il gelo e l’animo dei presenti è attanagliato dal timore di una nuova sconfitta. I nervi sono a fior di pelle, i tifosi non ci stanno e reagiscono incitando la squadra con impeto, vedendo falli e rigori anche dove non ci sono. Possagno da parte sua fa di tutto per indispettirli, fischiando contro il Genoa anche quando non sarebbe il caso e addirittura invertendo le valutazioni; nei tifosi si crea così la convinzione che sbagli di proposito. La rabbia monta e alla fine del tempo non sono pochi i tifosi rossoblu attaccati alla rete di cinta del campo per far sentire la propria collera sul collo dell’arbitro e dei giocatori avversari. Per fortuna all’inizio del secondo tempo Mascheroni, una perla che brilla di luce propria nel marasma generale, approfitta di una punizione per fare un gol da fuoriclasse infilando un bolide all’incrocio dei pali, alla destra di Cimpiel. Il gol del pareggio imprime nuovo impulso al tifo genoano e ogni azione viene seguita col cuore in gola, ogni raro tiro con un boato, ma la verità è che il Genoa non riesce a dare profondità al gioco e avanza con grande fatica, favorendo con azioni prevedibili la difesa del Cesena che ha rafforzato le barricate. Il resto lo fa l’arbitro  che tiene un comportamento ostile e capace di esasperare i tifosi: ogni suo intervento contrario al Genoa viene così sottolineato con urli, fischi e insulti. La situazione precipita quando, a dieci minuti dalla fine, in contropiede, il Cesena va in gol col centravanti Marmo. Nell’aria si respira la tragedia e i tifosi sotto la spinta della passionalità sono pronti a tutto. I giocatori rossoblu reagiscono con la forza della disperazione, volontà tanta ma idee poche: Mascheroni, il migliore del Genoa, è guardato a vista e subisce un fallo dopo l’altro senza che Possagno prenda provvedimenti drastici. La rete di cinta sotto la Nord ormai pullula di tifosi appesi alla griglia; alcuni, addirittura appollaiati sulla cima, minacciano di farsi scivolare in campo ad ogni valutazione di Possagno ritenuta errata. E alla fine, al culmine della rabbia, ecco che qualche tifoso irrompe davvero sul terreno di gioco e uno di questi si mette a correre verso l’arbitro, inseguito da giocatori del Genoa e poliziotti. Non commetta tuttavia nessun gesto inconsulto e si lascia docilmente prendere e portare fuori dalle forze dell’ordine, permettendo alla partita di riprendere in un clima però sempre più esasperato e irreale. Durante gli ultimi minuti non succede più nulla e il Genoa si rassegna a perdere una partita che doveva vincere, compromettendo la sua classifica in modo preoccupante. Ma il peggio verrà dopo, col rapporto dell’ineffabile Possagno che infierirà sulla squadra rossoblu: “Il Grifone me lo faccio al forno” dirà ai giornalisti nelle interviste del dopo partita, sfoggiando un’ironia che si faceva beffe dell’apprensione dei tifosi genoani per la squadra del cuore, notoriamente amata come una persona di famiglia. Manterrà la promessa, in quanto sul vecchio Grifone, già malandato per una classifica disastrosa, si abbatterà infatti la scure di quattro giornate di squalifica del campo, poi ridotte a tre.

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