Nel 1923 il Genoa pareggia con la Nazionale Argentina

Nel 1923 il Genoa pareggia 1-1 con la Nazionale Argentina. Vincere un campionato senza perdere una partita fu un evento raro, per non dire unico, capace di dare al Genoa un prestigio che passò l’oceano e giunse fino in Sudamerica. Gli appassionati di calcio all’altro capo del mondo vollero vedere questa squadra entrata nella leggenda, […]


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Nel 1923 il Genoa pareggia 1-1 con la Nazionale Argentina. Vincere un campionato senza perdere una partita fu un evento raro, per non dire unico, capace di dare al Genoa un prestigio che passò l’oceano e giunse fino in Sudamerica. Gli appassionati di calcio all’altro capo del mondo vollero vedere questa squadra entrata nella leggenda, vollero toccarla con mano, ammirarne il gioco e constatare se era capace di reggere il confronto col gioco sudamericano. Il Genoa si mise così in viaggio e quando sbarcherà a Buenos Aires riceverà grandi accoglienze, ma in campo sarà battaglia perchè nessuno voleva sfigurare di fronte all’avversario. Per la partita tra Genoa e nazionale si mosse persino il presidente della Repubblica Marcelo Torcuato de Alvear. La foto in bianco e nero che testimonia l’incontro tra quest’ultimo e la squadra dice tutto sull’importanza riservata al Genoa: l’ambasciatore italiano a Buenos Aires, colto in un gesto di sobria eleganza, presenta i giocatori rossoblu al presidente della Repubblica, imponente e cordiale nel suo abito scuro. Mr. Garbutt, in camicia bianca e cravatta, è rispettoso ma rilassato, i giocatori sull’attenti coi volti tesi sono invece presi dal grande avvenimento che segna il punto più alto della loro carriera. Il Genoa, infatti, a quel tempo rappresentava non solo l’Italia nel calcio, ma anche le radici lontane per i discendenti degli italiani residenti in Argentina. Quando finalmente la partita cominicia, per il Genoa le cose si mettono subito male. Il presidente della Repubblica batte il calcio d’inizio circondato dai fotografi che ne immortalano il gesto. I giocatori del Genoa lo considerano un atto formale, buono per le foto ricordo, invece i giocatori argentini continuano l’azione e vanno in gol. L’arbitro Fernando Perez convalida, inutili sono le proteste dei genoani. Il clima diventa nervoso, gli argentini vogliono vincere, ma i giocatori rossoblu non mollano di un millimetro. Non ci stanno per niente a perdere e sono avvelenati per lo smacco del gol subìto in quel modo. Ci penserà Santamaria, tattico finissimo e signore del gioco aereo, a pareggiare con un azzeccato colpo di testa scagliato dal limite dell’area, al 9′. La partita viene descritta nelle cronache come una partita straordinaria, giocata in un ambiente particolarmente eccitato, sul campo del Barracas colmo di 50mila tifosi. Il clima sugli spalti e sul campo è incandescente e nonostante la maggiorparte dei presenti sia di origine italiana, tifano tutti per la nazionale argentina. Da una parte e dall’altra c’è quindi l’orgoglio di ben figurare. Il gioco degli argentini é di primissima qualità, come sarà sottolineato da De Vecchi nelle interviste e nei suoi scritti: tra gli aspetti fondamentali messi in evidenza dal ‘Figlio di Dio’ il perfetto controllo di palla dei giocatori, la fantasia e la grande velocità di esecuzione. Queste caratteristiche, unite alla facilità di dribbing, crea grossi problemi alla difesa del Genoa, non abituata a tale raffinatezza del palleggio. I rossoblu, per resistere, arretrano le mezze ali in aiuto alla difesa e disputano una gara essenzialmente difensiva, ricorrendo anche ad interventi duri per fermare i frenetici giocatori argentini. De Prà e De Vecchi, tornati a Genova, ammetteranno che per non essere travolti, in certi casi hanno dovuto arrangiarsi con interventi al limite del regolamento. L’atteggiamento eccessivamente difensivo del Grifone dettato dal timore di subire una goleada non incontra il gusto degli argentini, abituati ad un gioco d’attacco spettacolare. Tuttavia alla fine per i genoani, dei quali è stata particolarmente apprezzata la grinta e la personalità, ci saranno applausi e attenzioni degne di una squadra che ha compiuto un’impresa storica. A colpire è stato anche il modo autoritario col quale il Genoa ha saputo stare in campo, dimostrando ‘garra’ come dicono in Sudamerica, qualità molto apprezzata da quelle parti. Tutto ciò suona ad onore del Genoa che ha tenuto alto il nome del calcio italiano ed europeo, nella sua veste di campione d’Italia. La notizia fa subito il giro del mondo, dando al Genoa il massimo momento di prestigio e di notorietà internazionale della sua storia. Ma la tourneè non sarà a lieto fine. Anche i brasiliani, infatti, vorrebbero vedere il Genoa: l’inossidabile Ghiorzi si reca a Rio per trattare con la Federazione, la quale si dice pronta a pagare una bella quantità di ‘cruzeiros’. Sul più bello arriva però un telegramma dei giocatori che chiedono di partecipare alle trattative. Cambiano le epoche ma non la natura umana, anche ai tempi d’oro del calcio i giocatori erano sensibili ai soldi. Ghiorzi, dalla personalità molto forte che non ammette interferenze, taglia immediatamente la testa al toro: contatta un’agenzia e prenota il viaggio di ritorno sulla prima nave disponibile, la francese ‘Alsina’, lasciando di sasso i giocatori. Ma i malumori del viaggio di ritorno svaniranno all’apparire di Genova, dove i leggendari campioni riceveranno un’accoglienza trionfale. Quando la nave entrerà in porto tutto il piccolo naviglio le andrà incontro per scortarla, le altre navi all’ancora suoneranno le sirene e i rimorchiatori lanceranno getti d’acqua verso il cielo, mentre i tifosi assiepati sulle banchine trasformeranno tutto in una festa memorabile.

 

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