Il mistero dei fondi offshore dietro la cessione del Genoa

All'interno della Sri Group, la Hamilton e la Erskine: la prima si compone di quattro subunità di vario genere. Insomma, dietro al Genoa c'è un sistema di scatole cinesi, scrive Business Insider Italia

Giulio Gallazzi (Foto Primocanale)

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.

Un legame tra fondi d’investimento, lo scandalo dei Panama Papers e la cessione del Genoa? A primo acchito non è immediato il collegamento, ma stando a quanto riportato da un articolo pubblicato da Giuliano Balestreri su Business Insider Italia, le cose starebbero proprio così.
Si sa che un ente prenderà il controllo del Genoa dalla mano di Preziosi, così come è noto che a capo del Grifone verrà messa la figura di Beniamino Anselmi. Detto questo, la parola più gettonata in questi giorni è stata “trasparenza”. Ma siamo sicuri che tutto sia così chiaro come viene mostrato?

Il gruppo che rileverà la maggioranza delle quote della società, attualmente in possesso della Fingiochi, è composto tra tre fondi: Sri Group (quello di Gallazzi), Erskine Capital e Hamilton Venture, che costituiranno i pilastri della nuova società assieme all’imprenditore Fabrizio Bertola. Questo, in altre parole, sarà l’Olimpo del Genoa se il closing dovesse avvenire. Il costo dell’operazione è stimato in 120 milioni di euro complessivi, la cui provenienza è un mistero: Gallazzi, che oltre a Sri Group è presente anche nel consiglio d’amministrazione della Carige, aveva affermato in un’intervista su Quotidiano.net che il progetto prevede di trasformare il Genoa in una community internazionale basata sui social network, dunque un progetto assai prestigioso. Il brand al momento è forte, ricco di storia e sostenuto da una tifoseria passionale: il concetto è semplice. La nuova proprietà si prodigherà per far crescere tutto questo meccanismo in modo sostenibile, per gradi. Per farlo servono ovviamente partner che immettano soldi nell’affare, ed ecco dunque Erskine e Hamilton. Erskine gestisce fondi nel settore dell’entertainment, Hamilton investe nei media e nelle tecnologie. Non si sa tuttavia, secondo Balestreri, chi vi sia dietro a questi fondi.

Erskine è nata lo scorso 13 settembre, non ha finora pertanto presentato alcun bilancio, ma risulta controllata da una donna (Jacqueline Leonie Lane Palmer) per almeno il 75%. La stessa donna che è manager nella Sri Group e nella Blenheim Capital Limited, società d’investimento capitanata da Gallazzi e dalla moglie Serena Bortolini. Non è dunque difficile pensare che la Erskine sia una compartimentazione della Sri Group: detto in altri termini, sempre di proprietà di Gallazzi ma svincolata formalmente dalla sua attività principale.

L’altra entità, Hamilton, è sostenuta dell’ex banchiere di Crédit Suisse Gustavo Perrotta, e sembra che sia una società di venture capital impegnata in servizi forniti a società in via di sviluppo. Ma cosa c’entra col calcio? La sua sede londinese si trova nello stesso identico luogo della Sri Group di Gallazzi, e perfino il numero telefonico è il medesimo. Scendendo nel particolare, emerge che Hamilton investe prevalentemente in quattro settori: Transcash è un sistema di pagamenti, Cloudfind è una startup di poco successo, Eztrader è un sistema di investimenti binari, mentre Smartika è una piattaforma di prestiti.

Di questi quattro, l’unica ad aver avuto contatti col mondo del pallone è stata la Extrader, che nel 2016 sponsorizzò la Roma e il Tottenham salvo poi veder rescindere anzitempo l’accordo con i giallorossi per inottemperanze da parte dello sponsor. Infine ecco come le quattro compartimentazioni, che fanno parte  della Hamilton, siano controllate da Gustavo Perrotta mediante la Islitl Limited, con sede alle Isole Vergini Britanniche. Una realtà piuttosto ramificata, che al momento manca di chiarezza.

CLICCA QUI PER LEGGERE E COMMENTARE TUTTO L’ARTICOLO SU BUSINESS INSIDER ITALIA

Accetta i marketing-cookies per visualizzare questo contenuto.