Nel calcio, sovente, tutto si risolve in una questione di opportunità. E Giovanni Simeone, la sua, l’ha sfruttata come meglio non avrebbe potuto. Ivan Juric nelle prime due vittoriose partite – con Cagliari e Crotone – lo aveva tenuto in panchina, poi uno spezzone da 19 minuti contro il Sassuolo, dopodiché è arrivato l’infortunio di Pavoletti a spalancargli il posto in seno al reparto avanzato: un’ora contro il Napoli nel turno infrasettimanale, con quell’urlo rimasto in gola per la chance da 3 punti sciupata nel finale, ieri il debutto da titolare. E Gio, da predestinato qual è sempre stato per via del cognome ingombrante, ha mantenuto le premesse. Gol all’esordio sotto la Gradinata Nord, cuore pulsante del tifo rossoblu: bel filtrante di Gentiletti, improvvisatosi uomo assist per l’occasione, e sinistro preciso sul primo palo sul quale nulla ha potuto Bizzarri, il portiere di quello stesso Pescara che – ironia della sorte – lo aveva trattato in estate, senza però mai trovare l’accordo con il River Plate, prima che andasse a segno il blitz del Grifone. L’unico neo della domenica settembrina, per il Cholito, è rappresentato dal fatto che il suo exploit non è bastato al Genoa, ridotto in nove uomini dopo le espulsioni di Edenilson e Pandev, per fare propria l’intera posta in palio: nel finale di gara ci ha pensato un altro enfant prodige del gol, l’albanese Rey Manaj (che il Pescara ha preso “in sua vece” in prestito dall’Inter), a regalare il pari agli abruzzesi di Massimo Oddo.
Formatosi nel settore giovanile del River Plate, da urlo l’annata 2010-2011 chiusa con 26 gol in 22 partite, con la prima squadra dei Millonarios nel complesso la giovane punta ha collezionato (oltre a qualche capigliatura impresentabile) 30 presenze e 4 reti, mettendo in bacheca 1 campionato argentino, 1 Copa Libertadores, 1 Copa e 1 Recopa Sudamericana. Importante l’esperienza al Banfield dell’anno scorso: 12 segnature in 34 gare. Numeri ai quali vanno aggiunti quelli con la camiseta albiceleste: 10 gol in 12 incontri (!) con l’Argentina Under 20, con la quale si è laureato campione nel Sub-20 del 2015 oltre che capocannoniere a mani basse; tre apparizioni, da titolare, a Rio 2016 con la selezione olimpica allenata da Olarticoechea dopo l’addio del Tata Martino e la conseguente “separazione” delle panchine (Nazionale maggiore affidata a Bauza). Adesso il rapido attaccante sudamericano, che può giostrare sia da centravanti che da punta esterna grazie al suo fisico compatto ma scattante (181 cm per 81 kg), è chiamato a confermarsi. La strada verso la consacrazione in Europa è molto lunga, ma la carta d’identità è dalla sua parte e chissà che un giorno quella Champions League (stregata per papà Diego), che oggi ha soltanto tatuata sul braccio sinistro, non possa realmente alzarla al cielo. Sul destro invece sono visibili le tre G incise, l’iniziale del nome suo e dei fratelli Giuliano e Gianluca. Nel nome del padre e non solo: la famiglia tutta, c’è da starne certi, lo sosterrà con tutta la forza di casa Simeone.
Alfredo Pedullà
TRATTO DA ALFREDOPEDULLA.COM