Sarebbe da studiare a fondo la capacità di soffire dell’Uruguay. É qualcosa di genetico, che prescinde la tecnica e la tattica. Discendenti dei charrúa, i guerrieri delle pampas del Rio de la Plata, gli uruguagi hanno una inclinazione naturale a lottare soffrendo. Nel calcio la storia non cambia. Da anni l’Olimpica ha rinunciato all’edonismo del fútbol per abbracciare il puro resultadismo.
Il maestro triste Tabarez è la fonte dell’attuale principale esponente del calcio più proletario d’Europa, quello dell’Atletico Madrid del Cholo Simeone. Credere e lottare, soffrire per vincere. L’Uruguay conosce bene questi binomi e li ha applicati nel primo tempo della gara con il Venezuela. La Vinotinto di capitan Rincon meritava almeno due gol, prima con Juanpi e poi con Peñaranda (clamoroso errore senza Muslera in porta). La straordinaria intelligenza tattica di Suarez apriva il gol a Nico Lodeiro, nel peggior momento dell’Uruguay.
Il secondo tempo iniziava male per il Venezuela, subito Cavani approfittava di un pacchiano errore di Wilker Angel, vecchio obiettivo di mercato del Genoa. L’Uruguay traeva vantaggio dalla superiorità numerica a centrocampo: mentre Rincon e Figueira prendevano le mezz’ali Rodriguez e Sanchez, Lodeiro godeva di ampi spazi (Juanpi non accorciava e Peñaranda deve ancora imparare la fase difensiva).
Laxalt faceva il suo ingresso all’80’ poco dopo la rete del 3-0 marcata nuovamente da Edinson Cavani. Giusto in tempo per prendersi un fallaccio da Alexander Gonzalez, un doppio tackle che doveva essere sanzionato con il rosso diretto.
Uruguay sempre primo nel maxi girone sudamericano grazie a questo 3-0; Venezuela e Rincon ormai fuori dai giochi per il Mondiale del 2018 (forse già dalla trumatica gara con l’Argentina).
