La dote di Mandorlini: le novità in attesa del 4-3-3

Il nuovo tecnico farà una rivoluzione silente per approdare al nuovo modulo

Andrea Mandorlini (Photo by Paolo Rattini/Getty Images)

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Se è vero che Michelangelo impiegò tre anni per completare il David, Andrea Mandorlini ha iniziato da una decina di giorni a scolpire la sua creatura. Troppo presto per capire la fisionomia dell’oggetto dopo i primi colpi assestati alle imperfezioni grossolane. Meglio aspettare qualche settimana prima di capire se il lavoro e la costanza avranno ritoccato in meglio l’opera iniziata quest’estate a Neustift.

Mandorlini ha ricevuto dalla precedente gestione un gruppo terrorizzato. Nei primi giorni è stato più uno psicologo, che un tecnico. Poche novità di campo e puntellatura di una forma mentis sgorbiata dalle tante (troppe) sconfitte. Da buona tradizione italiana, l’allenatore del Genoa ha preferito concentrare le attenzioni sulla fase difensiva, apparsa contro il Bologna semplice, ragionata e meno scriteriata del passato. Un piccolo passo in avanti: il Grifo non ha preso gol su azione.

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Terzini a tutta fascia

Il riflesso dell’attenzione alla fase difensiva. Lazovic e Laxalt erano terzini e ali, ruoli che cambiano nell’interpretazione della gara. I due hanno corso su e giù per le fasce con un grande dispendio energetico, soprattutto nella prima mezz’ora di gioco; nel secondo tempo hanno accusato un naturale calo fisico contrastato, tuttavia, da un baricentro più alto (Genoa più corto, quindi meno metri da correre). Con la loro presenza, Lazovic e Laxalt trasformavano la linea della difesa da tre – in fase di transizione – a cinque, attendendo la ripartenza. Un calcio antico ma sempre vantaggioso.

Lazovic palla calcio tennis Genoa

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