Correva l’anno 1925: il Genoa pareggiò col Torino e poté disputare le famigerate finali settentrionali con il Bologna

I rossoblù di Garbutt impattarono 0-0 con i granata

Genoa
La formazione del Genoa 1924-1925

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Il Campionato 1924/1925 è universalmente noto per le finali della Lega del Nord tra Bologna e Genoa, ma pochi sanno che il cammino della formazione ligure, da due anni campione d’Italia in carica, per arrivarvi fu del tutto particolare. Decisiva fu la sconfitta per 1-4 alla penultima giornata del capolista Modena a Brescia, ma sette giorni dopo, domenica 26 aprile, quando terminò la ventiduesima ed ultima giornata del Girone A, i Canarini avevano quattro punti di vantaggio sulla formazione allenata dall’inglese «Mister» William Thomas «Billy» Garbutt. Quel giorno, infatti, il Prefetto di La Spezia, anticipando di ottantuno anni la medesima decisione che sarebbe stata presa dal suo successore per un incontro tra le stesse due squadre, decise per ragioni di ordine pubblico di non far disputare l’incontro Spezia-Genoa, che sarebbe poi stato recuperato domenica 10 maggio 1925 (a tutt’oggi è quella, persa 0-1, l’ultima partita disputata dagli Aquilotti nella massima serie).

Una settimana prima il Genoa aveva replicato il 2-1 all’“Arena Garibaldi” di Pisa ottenuto domenica 29 marzo 1925 nell’incontro giocato a livello amichevole, stante l’impraticabilità del terreno. Visto che domenica 5 aprile 1925 il Genoa aveva ospitato nel suo impianto di Marassi la formidabile squadra del Nacional di Montevideo, che si era imposta per 3-0, restava da recuperare domenica 17 maggio 1925 la partita che si sarebbe dovuta giocare quel giorno, Genoa-Torino, sicché, in virtù dei due successi esterni ottenuti nei due recuperi delle prime domeniche di maggio, ai campioni d’Italia bastava un pareggio contro i granata per accedere alle finali settentrionali con il Bologna. Curiosamente a dieci anni di distanza si giocava l’incontro tra le due squadre, mai disputato per la sospensione del Campionato per l’imminente entrata dell’Italia nella Grande Guerra, che con lo stesso risultato di parità avrebbe garantito al Genoa una doppia finale nazionale dallo scontato esito favorevole contro l’assolutamente non competitiva vincente dell’Italia Centro-Meridionale. Rispetto a dieci anni prima il Torino non aveva motivazioni di classifica, ma onorò comunque l’impegno, anche se, «ai punti», sarebbe dovuto uscire sconfitto.

I padroni di casa, quel giorno in maglia bianca per dovere di ospitalità, che avevano vinto nove dei precedenti dieci incontri casalinghi di quel campionato (l’unica mancata vittoria si era verificata domenica 30 novembre 1924 nell’incontro pareggiato 1-1 con il Pisa), dovettero spartire la posta con i granata, non essendo riusciti a trovare tra le mura amiche la via della rete dopo quasi due anni e mezzo (dopo la partita pareggiata «a reti bianche» con l’Esperia Como di domenica 7 gennaio 1923, il Genoa aveva messo a segno in trentadue incontri novantasei – quindi una media di tre a partita – reti).

Protagonista della partita fu l’estremo difensore degli ospiti Nicolino Latella.

Nel primo tempo al 17’, due minuti dopo che Emilio Aristodemo «Maia» Santamaria I si era visto respingere dall’ex portiere dello Spezia un tiro «a botta sicura», l’incerto arbitro Luigi Sessa fischiò un calcio di punizione «a due» nell’area di rigore granata, perché l’estremo difensore aveva fatto con il pallone tra le mani un giro su se stesso per sfuggire a una carica: dopo cinque minuti di vibranti discussioni Cesare «Cesarino» Alberti II (l’ex attaccante del Bologna sarebbe stato accomunato all’arbitro dallo stesso triste destino di non essere più in vita lo stesso giorno dell’anno seguente) toccò il pallone a Renzo «il Figlio di Dio» De Vecchi, che con un potente sinistro lo scaraventò in rete, ma la segnatura venne annullata, perché tra il primo e il secondo tocco dei due genoani la sfera non aveva compiuto un giro completo sulla sua circonferenza. Poi al 35’ e al 36’ per due grandi interventi su tiri di Alberti II ed Edoardo Catto Latella riscosse gli applausi del pubblico locale, che, invece, protestò al 38’, avendo giudicata avvenuta oltre la linea di porta la sua prima parata – precedente alla carica di Catto sanzionata dall’arbitro – su un tiro- cross da una trentina di metri di Santamaria I.

Renzo De Vecchi
Renzo De Vecchi “il figlio di Dio” (Foto Wikipedia)

Nella prima parte della ripresa più che gli interventi di Latella si oppose agli attacchi genoani la traversa, che respinse un tiro di Luigi «Luigin» Burlando al 3’, sugli sviluppi di un calcio d’angolo battuto da Ettore Leale e respinto dal portiere del Torino, e un calcio di punizione di De Vecchi al 12’. Alla mezz’ora Latella respinse miracolosamente un tiro da distanza ravvicinata di Ettore Neri, mentre nelle battute finali Giovanni «Ragno» De Prà evitò la «beffa» e il conseguente spareggio con il Modena, andando ad intercettare un angolato colpo di testa del centravanti granata Giuseppe Calvi.

Stefano Massa

(membro del Comitato Ricerca e Storia del Museo della Storia del Genoa)

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