Finora il Genoa ha dissipato quattro punti per demeriti propri. Poteva (e doveva…) vincere a Reggio Emilia al debutto e, con maggiore attenzione, tesoreggiare l’1-0 contro il Chievo Verona. Così non è andata ma, per fortuna, il Grifo colabrodo d’inizio stagione è un ricordo lontano. La squadra di Juric aveva poco equilibrio, era scriteriatamente all’attacco essendo inconscia dei grandi problemi della fase di non possesso. Quel Genoa aveva le ore contate. Fortunatamente Juric ci ha messo una pezza, abiurando finemente parte della propria dottrina che si porta dietro dalla laurea conseguita a Coverciano.
Il tecnico di Spalato non ha cambiato modulo, ha ragione quando lo rivendica con orgoglio in faccia ai cronisti: gioca un calcio con degli accorgimenti che meritano di essere evidenziati. Juric ha rinunciato alle ali perché ha messo Adel Taarabt, il giocatore più tecnico in rosa assieme a Pandev, nella migliore condizione per poter far bene, ossia dietro la punta. Un Genoa taaracentrico, dunque, che vive delle ripartenze e delle giocate tra le linee del marocchino, rinato dopo l’ultima sbandata della sua vita da calciatore che ancora non ha trovato gioie degne del talento.
Il nuovo Genoa è meno storto, più orizzontale, compatto e preciso nelle coperture. Deve migliorare lavorare sensibilmente nella realizzazione ma la missione principale era ritrovare l’animus pugnandi da Grifo. I rossoblù eseguono meno scalate in avanti, concedono meno l’uno-contro-uno dietro e, vivaddio, sono più concentrati nella risoluzione delle palle inattive a proprio carico. Nove gol subiti nelle prime cinque giornate di campionato (con due punti fatti), quattro nelle ultime quattro, come i punti portati a casa. Morale: la metà dei gol incassati propizia il doppio dei punti conquistati. I numeri non rappresentano la verità, però spesso ci vanno vicino a descriverla.